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La parola della settimana: Tedoforo

Dal 1960 il cerimoniale olimpico prevede che il sacro fuoco che sancisce simbolicamente l’apertura dei Giochi venga acceso qualche mese prima nel sito archeologico di Olimpia
di Massimo Arcangelimartedì 9 dicembre 2025
La parola della settimana: Tedoforo

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Dal 1960, l’anno in cui è stato introdotto, il cerimoniale olimpico prevede che il sacro fuoco che sancisce simbolicamente l’apertura dei Giochi, in ricordo della sede originaria di svolgimento, venga acceso qualche mese prima nel sito archeologico di Olimpia. La fiaccola olimpica, arrivata in volo giovedì scorso a Roma dalla Grecia, dov’era stata accesa a Olimpia il 26 novembre, e consegnata lo stesso giorno al presidente Mattarella dalla tennista Jasmine Paolini, ha iniziato sabato, allo Stadio dei Marmi al Foro Italico, il lungo viaggio per la penisola che la porterà alla sua destinazione finale, la città di Milano (dove si apriranno, il 6 febbraio 2026, i Giochi Olimpici invernali), di tedoforo in tedoforo.

Ecco i primi quattro: Gregorio Paltrinieri, Elisa Di Francisca, Gianmarco Tamberi e Achille Polonara. La parola tedoforo, nata nel primo Ottocento (in campo archeologico indica una qualunque statua, o un’immagine in bassorilievo, con in mano una fiaccola), è un composto di teda (‘fiaccola’, ‘torcia’) e -foro, dal greco -phóros, un derivato di phérein (‘portare’). Un tedoforo, che condivide lo stesso elemento terminale di semaforo, fosforo, necroforo, termoforo, ecc., è dunque un ‘portatore di fiamma’. In latino, per dire la stessa cosa, è attestato in Ovidio taedifer (Heroides, 2, 42) riferito alla dea Cerere, che aveva acceso una fiaccola al fuoco dell’Etna per la figlia Proserpina, che le era stata rapita da Plutone, re dell’Ade. Il termine latino è confrontabile con il greco da(i)dophóros, da cui l’italiano dadoforo, che, oltreché indicare un generico portatore di fiaccola, può riferirsi a ciascuno dei due tedofori rappresentati ai lati del dio Mitra. Quanto alla teda, presso i greci e i romani, era in particolare la fiaccola, ottenuta da un ramo di un pino selvatico, in uso in alcuni riti sacri, soprattutto quelli matrimoniali: «solevano le donne entrare nelle camere de' novelli sposi con uno legno, chiamato teda, acceso in mano» (Giovanni Boccaccio); «non arse mai teda di pino nuova e piena di pece, sì forte, come fo io, e veggo, che io sono per ardere vie più di giorno in giorno» (Pietro Bembo).