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Gingrich e Romney si giocano l'eredità di Cain

Primarie repubblicane per la Casa Bianca: con Herman fatto fuori dall'amante, i rivali si giocano il suo "pacchetto" di elettori

Giulio Bucchi
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Ora che Herman Cain ha abbandonato il campo per lo scandalo dell'amante tenuta nascosta per 13 anni, chi avrà il maggior beneficio tra gli altri sette contendenti? Il dubbio lo ha sciolto lo stesso ex imprenditore nero, una meteora che aveva sedotto i membri dei Tea Party fino a proiettarlo in testa nei sondaggi, con quasi il 30% delle preferenze. Oggi lunedì 5 Cain ha indicato che appoggerà Gingrich, suggerendo ai suoi fans di aver fiducia nell'ex Speaker della Camera, 68 anni, di 3 più vecchio di lui, e con il quale aveva “fraternizzato” in un dibattito a due un mese fa, quando la coppia era ancora lontana dai numeri di Mitt Romney. In realtà, lo spostamento tra Gingrich e Cain era già iniziato da qualche settimana, ossia dall'uscita delle accuse di molestie da parte di 4 di sue ex dipendenti o aspiranti tali mentre era presidente della Associazione dei Ristoranti negli Anni Novanta. Infatti, nel sondaggio che ora i commentatori seguono più da vicino, quello del giornale Des Moines Register relativo allo Iowa dove si terrà fra un mese il primo “caucus” (assemblea dei militanti repubblicani, con voto),  Gingrich ha già il 25% rilevato prima dell'addio formale di sabato scorso di Cain (ridotto all'8% al pari di Michele Bachmann) , davanti al 18% di Ron Paul e al 16% di Romney. A livello nazionale, secondo RealClearPolitics che fa la media di tutte le rilevazioni, il capitale di favori a Cain appare più massiccio, pari al 14%, e potrebbe dare a Gingrich (che è primo con il 26,6%) la spinta per staccare irreversibilmente Romney, ora al 20,4%. Per di più, tre candidati ora nelle retrovie come Rick Perry, Michele Bachmann e Rick Santorum hanno complessivamente un bacino del 14,4%, e i loro fans sono sicuramente più ostili alla moderazione storica di Romney, che disperatamente sta cercando di guadagnare posizioni conservatrici, di quanto non siano al bagaglio conservatore di Gingrich, per quanto abbia avuto tre mogli ed oggi abbia scelto una linea “umanitaria” sul tema degli immigranti clandestini che irrita i più intransigenti del GOP. Ma la realtà è che ogni calcolo che si basi staticamente sui sondaggi attuali per prevedere il futuro è più che azzardato: basta pensare che nell'ultimo semestre prima Donald Trump, e poi Rick Perry, Michele Bachmann, Romney e Cain sono stati tutti ai vertici dei sondaggi nazionali o locali per qualche settimana, prima si sparire o ridimensionarsi. Quattro anni fa, così era stato per Rudy Giuliani, ex sindaco di New York e Fred Thompson, ex senatore ed ex attore, che un anno prima del voto sopravanzavano John McCain. I voti che contano davvero saranno insomma quelli delle primarie reali, e a quel punto a fare la differenza potrebbe essere la parte sommersa della campagna, che non emerge dalle risposte dei campioni di intervistati. Cioè la solidità della rete dei consiglieri e dello staff dei militanti in tutti i 50 Stati, dei fondi raccolti, della ricchezza personale a cui possono attingere i candidati: su questo terreno Mitt Romney è ben più avanti della percentuale espressa ora dai sondaggi, e Gingrich ha ancora tanto da fare. Infatti, gli uomini di Obama stanno cercando di “aiutare” Gingrich a salire tra i Repubblicani, perché per la Casa Bianca sarebbe un avversario più tenero nel 2012. di Glauco Maggi

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