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Il giovane governatore che sfida Chavez

Novità in Venezuela dopo 13 anni di regime filo-castrista: il 39enne Henrique Capriles, da Miranda, vuole fare la rivoluzione liberale

Giulio Bucchi
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Il Venezuela merita oggi un Diario d'America, nella speranza che porti buono. Nel paese sudamericano, dopo 13 anni di governo di Hugo Chavez, il presidente socialista che, eletto democraticamente, ha poi via via virato il Venezuela verso una Cuba con il petrolio, il 7 ottobre ci saranno le elezioni presidenziali. E il despota marxista, che negli anni al potere ha maturato amicizie rivelatrici, oltre che con i fratelli Castro anche con il pazzo ultraislamico di Teheran, ci riprova. Nel tempo ha introdotto tutto quanto gli è riuscito per fare di un governo un regime che lo veda presidente a vita: dalle tentate (e non riuscite, per ora) modifiche costituzionali che gli garantiscano la inamovibilità, alla pratica della decretazione su tutto e alle nazionalizzazioni di settori economici cruciali. Fino all'esproprio di imprese nazionali e straniere. La notizia di oggi è che Henrique Capriles, il governatore giovane (39 anni) e coraggioso dello Stato di Miranda, forte di idee rivoluzionarie in senso liberale,  cioè positive per lo sviluppo del paese e per la libertà delle persone, si è aggiudicato le primarie del partito di opposizione e ha lanciato la sfida a Chavez. Nel suo primo comizio ha chiesto “elezioni corrette, bilanciate”, un pio desiderio in uno Stato in cui il presidentissimo ha censurato, chiuso, o espropriato tante radio, giornali e tv che avevano espresso critiche all'operato di Chavez. Per non parlare del naturale vantaggio che ha chi è in carica, anche nelle democrazie democratiche al 100% come gli Stati Uniti, dove è raro che un presidente non raddoppi il suo mandato (è capitato a Ford, Carter e Bush padre nell'ultimo mezzo secolo). Figuriamoci quanto rende la posizione in Venezuela. Il messaggio di Capriles potrebbe però trovare un certo riscontro, negli spazi residui di democrazia ancora consentiti, proprio grazie al malgoverno di Chavez e alla sua durata. Ciò ha polarizzato il Paese tra i fedelissimi e gli oppositori, creando però anche una fascia di giovanissimi agnostici, per adesso, che potrebbero influire sugli equilibri di voto in chiave di modernizzazione e di libertà economica. Pur essendo il Venezuela benedetto dalla natura nel suo sottosuolo ricco di oro nero, Chavez è infatti riuscito a far degenerare l'economia. Il paese ha un tasso di inflazione vicino al 30%, la più alta del Sud America, molti prodotti di prima necessità spariti dai supermercati, un fiorente mercato nero, un elevatissimo livello di criminalità,  ed un PIL che si regge sugli aumenti dei prezzi del petrolio e sulla spesa pubblica ora ancor più gonfiata poiché il 2012 è, appunto, un anno elettorale. Chavez ha un legame viscerale con i ceti più poveri e disperati, che vanno mantenuti tali per garantire voti al regime. Ma Capriles ha una ricetta di frontale opposizione a Chavez, volta a ribaltare l'indirizzo del governo dell'economia. “Tutti gli espropri sono stati un fallimento”, ha detto Capriles condannando le centinaia iniziative di statalizzazione dell'ultimo decennio di fabbriche, fattorie agricole, e persino di palazzi con appartamenti. “I casi delle aziende e dei business di ogni settore che sono stati sequestrati dallo Stato devono essere riesaminati uno per uno”, ha promesso Capriles. Se gli daranno retta, non sarà solo un gran bene per il popolo del Venezuela, ma anche per gli equilibri regionali ed internazionali che hanno solo da guadagnare dalla sparizione di un regime ferocemente ostile agli Stati Uniti e all'intero sistema di libero mercato delle democrazie occidentali. di Glauco Maggi twitter @glaucomaggi  

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