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Arrivano tasse extra sulle pensioni dei professionistiChi c'è nel mirino del governo

Giulio Bucchi
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  Professionisti di tutta Italia attenzione ai dettagli: la vostra pensione rischia di essere rosicchiata (fino al 12%) dal decreto Renzi che, per dare copertura al famoso bonus di 80 euro, ha pensato bene di includere nella tassazione anche gli investimenti delle casse previdenziali private, appunto quelle di medici, avvocati, notai, giornalisti, architetti. In tutto oltre 2 milioni e mezzo di professionisti che, non solo già pagano due volte le tasse sul rispettivo e sudatissimo castelletto previdenziale (unico caso in Europa), ma ora rischiano di vedersi rosicchiato questo patrimonio dall'astuzia di via XX Settembre e dei signori dei numeri che - nell'affannosa ricerca di coperture - hanno pensato bene di andare a spillare quattrini anche a chi le tasse già le paga (doppie). Il famoso decreto Renzi - che martedì verrà incardinato in Parlamento e poi inizierà il percorso ad ostacoli della conversione in legge - prevede che dal prossimo primo luglio l'aliquota sulle rendite finanziarie passi dal 20% al 26% e il prelievo interesserà anche i dividendi staccati successivamente, le plusvalenze di azioni e fondi, nonché gli interessi su conti correnti e depositi postali, con un'entrata complessiva per lo Stato che Il Sole 24 Ore quantifica in 755 milioni di euro. Certo, è vero, che come spiegano tranquillizzanti da Palazzo Chigi, non è una “patrimoniale” ma «solo di una tassa sui rendimenti che questi generano». E' pur vero che l'incremento non tocca i titoli di Stato, come Bot e Btp. Operazione interessata visto che sarebbe stato come invitare alla fuga i sottoscrittori di titoli pubblici. Il problema è che ritoccando anche per le casse previdenziali l'imposta sui rendimenti, si rischia di andare a erodere pesantemente i futuri rendimenti degli enti, e quindi, l'assegno che i “pensionandi” dovrebbero incassare. Oggi - sta per essere presentato esposto alla giustizia europea per obbligare l'Italia a cancellare il doppio scippo - da noi viene adottato un sistema, sia per i fondi pensione che per gli Enti di previdenza privata, che applica due diversi momenti di tassazione. Vengono assoggettati ad imposizione fiscale sia i rendimenti nel momento in cui vengono realizzati che le prestazioni nel momento della erogazione. Insomma, non si paga al momento del versamento ma si paga in fase di accumulo e pure quando si incassa la pensione. Secondo un ponderato parere giuridico - che la giustizia europea potrebbe avallare entro l'estate - per ovviare al bizzarro fenomeno della doppia imposizione fiscale dei rendimenti, sarebbe necessario assoggettare a tassazione la prestazione pensionistica al netto del rendimento conseguito, come del resto avviene per i fondi pensione complementari italiani. Non contenti di spremere due volte le sudate pensioni dei professionisti, a via XX Settembe si sono inventati anche il prelievo aggiuntivo, mettendo così a rischio non proprio la sostenibilità dei singoli enti (che hanno un patrimonio aggregato di circa 61 miliardi di euro), ma ipotecando il futuro delle pensioni private che non attingono neppure per un euro dalla fiscalità generale. L'allarme è arrivato forte e chiaro al vertice delle singole casse. Drenare ulteriori risorse fiscali dal mondo delle professioni - che già paga un prezzo importante in termini di mancata occupazione, redditi e fatturato - vorrebbe dire o costringere le casse a investire ancora più pesantemente in Bot (per ovviare al 26%), oppure a limare le prestazioni. Spiega meglio il presidente dell'Adepp, l'associazione che rappresenta i 20 enti, Andrea Camporese: «Abbiamo ricevuto rassicurazioni dalle forze di maggioranza rispetto ad una modifica in fase di conversione che eviti l'aumento al 26%. Si tratta di evitare uno scempio in totale controtendenza rispetto a 17 Paesi europei dove la tassazione è azzerata». E non si tratta di un favore alle categorie professionali, ma di equità, visto che «siamo previdenza obbligatoria di primo pilastro», prosegue Camporese che promette battaglia, «i nostri iscritti soffrono enormemente la crisi e reagiremo in ogni sede. Se il decreto non cambia sarà il governo a spiegare a 2 milioni di professionisti e alle loro famiglie una insopportabile ingiustizia che rischia di tagliare del 12% le loro pensioni future. Tutto questo non ha nulla a che vedere con l'equità». In soldoni, la tassazione sui rendimenti vale complessivamente dai 400 ai 500 milioni di euro per il mondo della previdenza privata, a seconda dell'andamento dei mercati. Con questa furbata il Tesoro potrebbe incassare un centinaio di milioni in più (forse), però poi le singole casse dovrebbero passare il tosaerba sulle prestazioni di welfare a favore della categoria. Rimbalzando così sul pubblico costi aggiuntivi. Il paradosso è che lo Stato vorace nel tassare doppiamente, poi si rivolge sempre alle casse come ad un bancomat per cercare di coinvolgerle in progetti di utilità pubblica. La disponibilità all'investimento da parte degli enti c'è (come la partecipazione ai fondi della Cassa depositi e prestiti), ma gli enti sono gelosi dell'autonomia di gestione e d'investimento. Essere costretti a mettere tutte le mele in un cesto (Bot) per pagare meno tasse o di pagarle due volte, è un suggerimento da squali della finanza. Certo non da statisti. di Antonio Castro  

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