Tassata l'indennità di trasferta, entra nel reddito imponibile
Il barile italiano sembra non esaurirsi mai. E raschiarlo è lo sport di Stato. Così come la lotta dura alle agevolazioni fiscali è diventata la disciplina più praticata. Meglio se in silenzio e lontano dai riflettori dei media. A finire nel mirino dell'Inps e del Fisco stavolta sono le indennità di trasferta dei dipendenti del comparto artigianale e dell'industria che normalmente viaggiano fuori sede: operai edili, impiantisti, elettricisti e autotrasportatori. L'obiettivo è dimostrare che essendo abitualmente fuori Comune, la strada diventa il luogo di lavoro. Di conseguenza l'indennità va tassata. Solo per il mondo dell'edilizia la prassi vale circa mezzo miliardo di euro all'anno. Su un comparto depresso, l'effetto è devastante. Ma è anche letale per le tasche dei dipendenti che si vedrebbero ridurre il potere d'acquisto mediamente di 900 euro. Sia il calcolo che la denuncia arrivano da Confartigianato Marca Trevigiana. L'associazione da tempo si batte contro specifiche sentenze e contro le mosse dell'Inps che mira per applicare l'etichetta di “trasfertista” anche a chi per contratto viene assunto come normale operaio o dipendente. Scusate l'eccesso di dettagli, ma sono importanti per comprendere. Il dipendente “trasfertista” viene assunto con specifico contratto: è previsto che viaggi e che non stia mai in sede. La retribuzione è ovviamente allineata. Nel caso dell'edilizia, il normale operaio che esce dal Comune di residenza dell'azienda riceve un indennizzo medio di 17-20 euro al giorno. Questi, come da contratto, non sono tassati. A seguito di un'interpretazione giuridica tutta questa categoria si scopre improvvisamente “trasfertista”. E perde gli incentivi. Che a oggi valgono circa 3mila euro all'anno su una base di 180 giorni trascorsi fuori sede. Applicando le normali aliquote sul 50% dell'importo si ottiene infatti un costo per l'azienda di 3600 euro e un minore incasso per il dipendente di 600 euro a cui aggiungere il maggiore imponibile. È chiaro che bisognerebbe intervenire subito per bloccare questa nuova ondata di gettito. Tanto più che la prassi si può estendere anche alle altre categorie soggette all'articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi. «Serve, nei tempi più brevi, un intervento legislativo», afferma Renzo Sartori, presidente di Confartigianato Marca Trevigiana, «teso ad interpretare autenticamente l'articolo 51 del Tuir sulla trasferta confermando che, se il datore di lavoro e il dipendente (operaio/impiegato) nel contratto di assunzione hanno escluso la natura di trasfertista, questa non possa essere successivamente e arbitrariamente modificata dalla Stato, attraverso sentenze, al sol fine di individuare nuova base imponibile per tasse e balzelli». Se l'interpretazione dovesse diventare norma a tutti gli effetti, le tasche degli edili e degli altri dipendenti che viaggiano per abitudine saranno decisamente più leggere. Altro che bonus 80 euro e altro che Tfr in busta paga, la nuova "tassa" rischierebbe di tagliare le gambe all'edilizia e al trasporto; due settori agonizzanti. «La nostra non è una presa di posizione contro l'Inps che fa il proprio dovere e in caso esegue gli ordini di legge. Anzi è uno strumento di legge», commenta Mario Pozza, delegato alla semplificazione di Confartigianato che per primo ha denunciato il nuovo balzello. «Per questo serve una presa di posizione della politica. A maggior ragione da partite di un Pd che dovrebbe tutelare le fasce di reddito più basse». di Claudio Antonelli