Pensioni dei professionisti: la tassa raddoppia
Tasse raddoppiate per le future pensioni dei professionisti. Lo scherzetto di Matteo Renzi - nascosto tra le pieghe della Legge di stabilità mischiando l'incremento alla tassazione delle rendite e degli investimenti speculativi, 3,6 miliardi - rischia di trasformarsi in un boomerang da circa 14 miliardi per il governo. Giovedì 23 ottobre i 19 presidenti delle casse previdenziali dei professionisti (dai medici agli avvocati, dai notai ai commercialisti), decideranno le azioni di lotta per contrastare, in Parlamento, un provvedimento che va in controtendenza rispetto a gli indirizzi europei e dell'Osce (Bruxelles suggerisce una «detassazione degli investitori di lungo periodo per il bene delle economie»). Ma l'arma “termonucleare” delle Casse è già pronta: vendere i titoli di Stato in pancia. Il tesoretto - Le casse di previdenza private hanno un patrimonio di oltre 61 miliardi e il 10% è in liquidità. Proprio questi 6 miliardi fanno gola allo Stato che vorrebbe coinvolgere gli enti privati nei piani di sviluppo infrastrutturali (magari come per l'housing sociale con la Cassa depositi e prestiti, Cdp). Le casse sarebbero anche disposte (o almeno lo erano prima di questa mazzata improvvisa), a investire parte dei contributi previdenziali degli iscritti in progetti di utilità pubblica (autostrade, ferrovie, linee Adsl, case popolari), a patto che l'investimento venga deciso in autonomia (per evitare i favoritismi politici), e che questi futuri investimenti possano garantire una redditività certa anche se modesta (circa il 3%). Ma c'è dell'altro. Nella cassaforte delle casse previdenziali è custodito un tesoretto di circa 8 miliardi di titoli della Repubblica italiana. La minaccia finale è di vendere questi titoli (visto che l'intoccabile autonomia di investimento prevede questa facoltà), e di dirottare questi soldi in altri investimenti. Governo cicala - Tirando le somme: non solo Renzi si è inimicato 2 milioni di professionisti italiani (e le rispettive famiglie), una platea elettorale non trascurabile, ma ora rischia pure di veder sfumare il contributo degli enti al rilancio del Paese (i 6 miliardi) e di vedere precipitare sul mercato circa 8 miliardi di titoli pubblici. Sarà pure come sostiene tranquillizzante una nota del Tesoro, che ormai per il 2014 oltre l'80% dei collocamenti è stato realizzato, però cosa succederebbe sui mercati se le casse cominciassero a vendere Bot, Btp e Cct? Forse al Quirinale e a Palazzo Chigi avrebbero un soprassalto, lo spread (già ora tornato in area 200 p/b), tornerebbe a crescere, e ciò che si potrebbe incassare dall'aumento delle imposte sugli investimenti degli enti (qualche centinaio di milioni a seconda delle fluttuazioni di mercato), verrebbe divorato nella maggiore spesa di servizio sul debito (interessi che già oggi ammontano ad 80 miliardi l'anno). Insomma, da buone cicale di governo si canterebbe nell'immediato, ma si pagherebbe salato nel medio/lungo periodo. E a pagare sarebbero gli italiani. Trattativa saltata - Le casse per il momento sono inviperite per il cambio di gioco. Per mesi (dall'aprile scorso), sono state condotte trattative riservate per omologare la tassazione alla previdenza integrativa o ai titoli di Stato (al 12%), e invece ora ci si ritrova con un raddoppio. Una beffa, tanto più che lo stesso consigliere economico del presidente Renzi, Filippo Taddei, aveva suggerito lo “scambio”: voi casse investite nel Paese (titoli e infrastrutture) e noi, Stato, livelliamo alle medie europee il prelievo sulle vostre pensioni, già tassate due volte. La trattativa delicata e prudente, è saltata decisamente quando ieri pomeriggio ha preso a circolare la bozza di Stabilità che porta la tassazione al 26% (dal 20% che era). La sorpresa è stata anche maggiore visto che il nuovo prelievo fiscale sui rendimenti finanziari degli enti privati (e quello da eutanasia finanziaria sulla complementare dall'11,5% al 20%), era stato anticipato da rassicurazioni e impegni formali da parte del governo ad abbattere la tassazione. Ora si è passati alle minacce: dai commercialisti ai medici, passando per gli avvocati si sventola il libretto dei titoli di Stato in pancia alle rispettive casse (circa 8 miliardi). Spiega didascalico il presidente della cassa forense (avvocati): «Noi siamo pronti ad aiutare il Paese in un momento di difficoltà, come ci viene chiesto, ma non possono trattarci da fondi speculativi», scandisce Nunzio Luciano. I commercialisti minacciano apertamente e il prossimo Cda dell'ente potrebbe decidere di «liquidare l'intero portafoglio titoli di Stato, per un valore del 800 milioni di euro», ammonisce Renzo Guffanti, che chiosa: «Il governo ha compiuto un'operazione miope, una nuova vessazione». di ANTONIO CASTRO