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Vincenzo Boccia, l'intervista a Libero: "Da Lega e M5S segnali di realismo: il reddito grillino fa male al lavoro"

Giovanni Ruggiero
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Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, sta come tutti gli italiani, alla finestra, a vedere se il governo di centrodestra e Cinquestelle avrà le gambe davvero per partire e andare avanti. A Viale dell' Astronomia non è ancora l' ora di emettere giudizi, ma ancora meno lo è di fasciarsi la testa. Presidente, come descriverebbe a un industriale straniero la situazione politica in Italia? «Meno preoccupante di quello che sembra. I fondamentali dell' economia sono buoni e, soprattutto, migliorano». Che soluzione si augura? «Una soluzione in cui prevalga buon senso, competenza, interesse per il Paese». Altrove, in Europa, l' assenza prolungata di governi non ha danneggiato l' economia: potremmo permettercela anche noi? «Nessun Paese resta mai davvero senza governo. In Italia rimarrebbe in carica l' attuale esecutivo. Certo, nel lungo periodo vale quello che dice Draghi sui rischi dell' instabilità». Ha dei suggerimenti per chi sarà chiamato a scrivere il Def il prossimo mese? «Sì, sono quelli che abbiamo condiviso con Gentiloni alle Assise di Verona e con il Patto della Fabbrica: non smontare le riforme, puntare sul lavoro e ridurne il costo a partire dai giovani, investire in infrastrutture e formazione, semplificare, sciogliere i nodi della burocrazia e della giustizia e assicurarne tempi compatibili con l' economia. Il tutto per spingere la crescita e creare occupazione». L' aumento dell' Iva previsto dalle clausole di salvaguardia ci farebbe ripiombare nella crisi? «Non ripiomberemmo nella crisi ma l' aumento andrebbe evitato. Il peso della tassazione è già molto alto. Non è aumentandolo ancora che si risolvono i problemi del Paese». Qual è il problema principale del lavoro in Italia: le tasse, la scarsa specializzazione, burocrazia e giustizia, la crisi bancaria? «È la somma di tutte queste criticità più altre. Eppure, siamo la seconda manifattura d' Europa. Immaginiamo dove potremmo arrivare se riuscissimo a eliminarne qualcuna». Monti, Letta, Renzi, Gentiloni: chi ha governato meglio e chi peggio e perché? «Non giudichiamo persone ma provvedimenti: la riforma delle pensioni ha alleggerito il peso del debito, il Jobs Act e Industria 4.0 hanno rilanciato occupazione e investimenti privati Ora occorre una seconda fase con investimenti pubblici». Ma la ripresa vantata da Gentiloni non c' è, gli italiani non l' hanno capita o è nei numeri ma non nella qualità di vita della maggioranza degli italiani? «Più che di ripresa parleremmo di inversione di tendenza, e questa c' è stata. I numeri lo confermano - più 30% di investimenti privati, più 7% di export, un milione di posti di lavoro - ma non basta: occorre che la crescita non sia fine a stessa ma serva a contrastare divari e povertà». Renzi tornerà protagonista? «Renzi è così giovane che avrà tempo e modo di tornare protagonista. Nell' impegno riformista - pensiamo al Jobs Act - ha mostrato molto coraggio e, in qualche caso, troppo». Quanto teme la fine del QE di Draghi e le nuove regole bancarie Ue per la sicurezza, da cui è facile prevedere una stretta del credito? «Ecco, questo è un tema davvero serio. Dobbiamo farci trovare pronti alla fine del QE e per questo non possiamo permetterci di innalzare deficit e debito. Con le altre Confindustrie europee stiamo lavorando a proposte per il completamento dell' Unione Bancaria anche come risposta ai problemi di erogazione del credito». Le banche sono andate ko per la crisi o il sistema non poteva reggere comunque? «La crisi più lunga e profonda che sia mai esistita non poteva non riflettersi anche sulle banche. E, badiamo bene, le nostre hanno retto meglio delle concorrenti estere. Inoltre, le difficoltà hanno riguardato casi specifici e abbiamo speso molto meno degli altri Paesi per fronteggiarle». Da uomo del Sud, si aspettava il successo di Cinquestelle in queste dimensioni e come se lo spiega? «Il consenso era nell' aria ma le proporzioni hanno certamente sorpreso. Questo è stato essenzialmente un voto di reazione, per il cambiamento a tutti i costi e per una centralità di giovani e lavoro». Il reddito di cittadinanza ha senso dal punto di vista economico? «La risposta è: ce lo possiamo permettere? Inoltre, facciamo attenzione perché spegne la voglia di cercarsi un lavoro». E la flat tax? «Come concetto può funzionare: partendo dalla riduzione delle tasse sulla produzione e azzerando quelle sui giovani assunti». A giudicare dalle loro prime mosse, pare che Di Maio e Salvini non abbiano fretta di spingere su reddito di cittadinanza e flat tax: segno che vogliono governare davvero? «È una dimostrazione di realismo. Per avere occupazione e crescita occorre non toccare le riforme che hanno avuto effetti peositivo sull' economia reale, come il Jobs Act, l' industria 4.0, il made in Italy». Sulla legge Fornero da cambiare però sono entrambi d' accordo e non cambiano idea... «Invece andrebbe preservata, se vogliamo ottenere la riduzione del deficit e quindi del debito pubblico: con il lavoro, è questa la vera sfida dei fondamentali economici». Un governo Lega-Cinquestelle sarebbe accettato dall' Europa? «Dipende dal programma che saranno in grado di presentare e di attuare. A prima vista ci sono molte divergenze». L' ha sorpresa di più il disastro del Pd o quello di Forza Italia al Sud e quali ragioni attribuisce a entrambi? «Il Sud è stato dimenticato dalla politica per troppi anni. Il messaggio che viene dalle urne è un' aspettativa in termini economici per una maggiore e migliore occupazione. Questa necessità dei giovani e dei cittadini non è stata intercettata da grandi partiti come Forza Italia e Pd». Nel successo di Salvini l' operazione Sud ha fatto la sua parte: secondo lei il progetto Lega Nazionale ha le gambe per andare avanti? «Se ci sono elettori che votano Lega pure al Sud vuol dire che gli argomenti di Salvini trovano accoglienza in una fetta sempre più larga di italiani». Il voto ha dimostrato che la maggioranza degli italiani è antieuropeista e portata a scelte di rottura: è una buona notizia, visto che il pantano Italia dura da 40 anni? «Non pensiamo che il voto abbia dimostrato che la maggioranza degli italiani sia antieuropeista. Pensiamo piuttosto che abbia evidenziato una serie di difficoltà, alcune delle quali si collegano al modo in cui l' Europa ha affrontato questioni chiave per i cittadini: dalla crisi economica a quella dei migranti. L' Europa deve essere la soluzione e non il problema. Un' Europa diversa da quella che abbiamo conosciuto, più vicina al sogno dei fondatori che alla versione burocratica che ne è venuta fuori. Dove la crescita sia il presupposto della stabilità e non il contrario. Di questo siamo diventati tutti consapevoli». Perché i mercati non ci hanno ancora aggredito malgrado l' impasse istituzionale? «Per le cose che dicevamo prima: i fondamentali dell' economia sono a posto e l' Italia ha enormi potenzialità inespresse. Anche perché sono in attesa di conoscere le possibili soluzioni di governo e, soprattutto, i programmi su cui queste troveranno una convergenza». I continui vertici Merkel-Macron per riscrivere le regole della Ue sono una buona cosa o sono uno schiaffo agli altri Paesi, visto che danno l' impressione che l' Europa sia guidata solo da due Stati? «Il problema non è costituito dall' attivismo di Merkel e Macron ma dalla distrazione dell' Italia che, invece, dovrebbe e potrebbe giocare in Europa un ruolo da protagonista per la sua storia e la sua posizione geo-economica e geo-politica». Perché i francesi ci comprano tutto? «Se i francesi comprano vuol dire che le aziende italiane sono appetibili. E comunque anche noi abbiamo fatto le nostre acquisizioni in Francia e in altri Paesi». Fiat è uscita da Confindustria... «È uscita anni fa, ma oggi ci sarebbero le condizioni per un rientro». In Italia c' è un problema di generazione di industriali non all' altezza dei loro padri? «Come in gran parte del mondo, il problema in Italia è che la realtà è diventata sempre più complessa e difficile da gestire. In nessun campo esistono soluzioni semplici. Le imprese hanno bisogno di persone che siano in grado di comprendere e gestire questa complessità. Non è una questione di generazioni, né di padri o figli, ma di visione e competenze». È preoccupato dei dazi di Trump e della guerra commerciale tra Usa e Cina? L' Italia può svolgere un ruolo da mediatore? «I dazi non sono mai una buona cosa perché possono innescare una reazione a catena che alla fine penalizza tutti gli attori. Siamo per una concorrenza libera ma leale e faremo valere questa nostra convinzione in tutte le sedi in cui potremo. A partire dall' Europa, che deve muoversi in maniera integrata e coerente tenendo conto di tutti gli interessi in gioco». Gentiloni ha fatto bene a rinnovare le sanzioni alla Russia: che ragione, politica ed economica, hanno per noi? Non son solo un favore a Germania e Usa? «Le nostre scelte non devono essere asimmetriche altrimenti rischiamo di subirne le conseguenze invece di coglierne i benefici». Sarkozy è accusato di aver preso soldi dalla Libia, contro la quale poi ha scatenato una guerra: i nostri guai cominciano lì? «Vedremo cosa emergerà dalle indagini. È comunque una storia contrassegnata da fughe in avanti di singoli Paesi che invece di trovare soluzioni ha prodotto grandi problemi». Davvero nel 2011 eravamo sull' orlo del fallimento? «Eravamo al centro di forti manovre speculative. Fino a che punto si sarebbero spinte nessuno potrà mai dirlo. Questo dovrebbe insegnare che non si scherza col debito pubblico». di Pietro Senaldi

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