Carige, dopo le dimissioni a raffica dei vertici indaga la Procura di Milano
Dopo mesi di polemiche e dopo le dimissioni di tre membri del Consiglio di amministrazione la Procura di Milano sta indagando su Carige. I pm milanesi, competenti perché la banca genovese è quotata in borsa, stanno cercando di fare luce sull'addio di Giuseppe Tesauro (ex presidente), Francesca Balzani e Stefano Lunardi e in particolare sulla lettera di dimissioni del commercialista genovese. Leggi anche: Il super-falco di Angela Merkel ci vuole rovinare. "Temo che...": una bomba sulle banche italiane Il documento di Lunardi, riporta il Fatto quotidiano, era già nelle mandi della Consob perché il commercialista puntava il dito contro le "richieste di extra budget di quasi 13 milioni per spese legali 2017-2018 inerenti il programma di derisking di sofferenze, le richieste di extra budget di oltre 17 milioni per consulenze per operazioni straordinarie, l'inserimento nel budget 2018 di 14 milioni per costi relativi alle operazioni straordinarie". Lunardi parlava anche di un "cost/income cresciuto a livelli insostenibili (98,5% nel 2017, poiché riclassificato, altrimenti ben superiore al 110%)". Inoltre, si parla di una "riscontrata situazione di deficit patrimoniale rispetto al target di total capital ratio, del tutto imprevista nel piano strategico propostoci appena nel settembre 2017 e accaduta nonostante un rafforzamento patrimoniale che sfiora nel complesso 1 miliardo e che avrebbe dovuto consentire il rispetto di tale target". Nell'affrontare il deficit "l'organo amministrativo è stato svuotato delle proprie prerogative strategiche nella pianificazione sono state incluse variazioni rilevanti - eppure non ancora deliberate dal competente organo strategico". Ancora: il deficit "non è stato riportato con la dovuta enfasi e analisi - all'organo amministrativo - nei primi mesi del 2018, approcciando la questione compiutamente solo sotto approvazione del primo rendiconto trimestrale, e riferendo che si sarebbe trattato di violazione riferibile alla data del 31 marzo 2018, salvo poi scrivere alle Autorità che la violazione retrodatava al primo gennaio 2018". L' accusa ai vertici è di aver estromesso parte del cda. Così quindi comincia la guerra legale tra Vittorio Malacalza, primo azionista con il 20,6%, e l'ad Fiorentino. Malacalza ha conferito incarico all' avvocato Alessandro Vaccaro "di prendere in esame documenti, condotte e fatti posti in essere da soggetti apicali al fine di valutare" eventuali azioni legali. Fiorentino replica: "Facciano pure. Siamo tranquillissimi".