Sergio Marchionne, la più grande ossessione del manager: il segreto svelato dall'amico Stefano Aversa
La grandezza di un personaggio come Sergio Marchionne, morto oggi dopo cinque giorni in coma all'ospedale di Zurigo, sta anche nella ricca varietà di opinioni che si sono fatti su di lui collaboratori, amici e semplici colleghi di lavoro. Chi lo ha conosciuto per tanti anni come il manager di Alix Partners, Stefano Aversa, lo ha raccontato al Corriere della sera come "un manager sempre focalizzato sul suo obiettivo, spiegato nelle ristrutturazioni, duro coi suoi. Eppure la sua vita tutta dedicata al business l'ha riempita soprattutto di sensibilità umane". Leggi anche: Feltri: Marchionne, più che delle sigarette è colpa della sfiga L'attenzione di Marchionne era sempre concentrata sulle persone che gli stavano intorno: "Il suo intelletto emotivo - ha aggiunto Aversa - lo ha speso per capire come erano fatti uomini e donne intorno a lui e quelli coi quali negoziava: cercava sempre sincerità, gente simpatica, coi suoi valori, possibilmente giovane. Meglio degli anziani la cui esperienza gli semrbrava spesso sconfinare nella prosopopea". Leggi anche: Marchionne, lo sputo dell'operaio licenziato: "Nessuna lacrima, nessuna pietà" Nel corso della loro collaborazione non sono mancati momenti difficili, le idee e le direttive impartite da Marchionne sembravano "sconfinare nella follia, come il tentativo di salvare la Chrysler". Il suo metodo prevedeva un particolare fisso: "Si basava sul bagaglio di esperienze accumulato in un'altra missione temeraria, il salvataggio della Fiat. Ma anche per me rimane qualche enigma al quale non trovo una spiegazione: Marchionne ha sempre avuto l'ossessione della squadra, credeva negli uomini, sceglieva quelli che superavano i test più severi. Parlava di continuo dell'importante del team. Eppure ha sempre accentrato in modo altrettanto ossessivo decisioni e cariche. È una cosa che non ho mai capito, il suo limite. Amava la squadra, ma le impediva di crescere accentrando il potere".