Ue taglia previsioni di crescita
Roma, 6 feb. (AdnKronos) - La Commissione Europea si appresta a tagliare le previsioni di crescita per il 2019 dell'Eurozona, e anche dell'Italia. Domani l'esecutivo comunitario pubblicherà le previsioni economiche d'inverno, una tappa intermedia del ciclo del semestre europeo, che si limita ai principali dati macroeconomici dei Paesi, Pil e inflazione, senza riferimenti al debito pubblico e al deficit. Le previsioni sono state approvate oggi dal collegio dei commissari, ha confermato il portavoce capo Margaritis Schinas: "Il vicepresidente Valdis Dombrovskis e il commissario Pierre Moscovici hanno presentato brevemente al collegio le previsioni economiche d'inverno, che presenteremo domattina", ha detto. Se i tecnici della Commissione prevedevano per l'Italia una crescita reale del Pil dell'1,2% nel 2019 solo nel novembre scorso, previsione analoga a quella formulata nell'inverno del 2018 (anche allora la crescita prevista per quest'anno era dell'1,2%), è pressoché sicuro che l'esecutivo Ue domani tagli la previsione di crescita per il nostro Paese, che del resto è già superata nei fatti, avendo già subito un'implicita sforbiciata in sede di approvazione della manovra, che era stata rivista sulla base di una crescita del Pil prevista all'1%. Nel frattempo, il Fondo Monetario Internazionale ha già tagliato la previsione di crescita per l'Italia allo 0,6%; lo stesso presidente dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio Giuseppe Pisauro ha stimato una crescita dello 0,8%. Kristalina Georgieva, presidente ad interim della Banca Mondiale, ha previsto durante gli Industry Days a Bruxelles che "il 2019 sarà un anno più difficile di quello passato: la crescita globale sta rallentando e nelle nostre proiezioni per l'Europa quest'anno la crescita sarà di circa l'1,6% rispetto all'1,9% l'anno scorso". I rischi, ha continuato Georgieva, "sono più alti oggi di quanto non fossero un anno fa: rischi legati alle tensioni commerciali", che potrebbero costare una perdita di "circa il 3% delle esportazioni globali, dell'1,7% del reddito globale, il che si traduce nella non trascurabile cifra di 1,4 trilioni di dollari". I rischi non riguardano la sola Italia, naturalmente: "Ci sono nuvole di incertezza sopra l'Europa, che sono connesse alla Brexit e anche a un po' di ansia che viene dalle elezioni europee e dalla nomina della prossima Commissione. E' un motivo per stare allerta, ma non ancora per allarmarsi", ha aggiunto la ex vicepresidente della Commissione. L'entità del taglio delle stime operato dalla Commissione sarà ufficializzata domani (indiscrezioni parlano di una crescita stimata dello 0,2% per l'Italia nel 2019), ma che la stima di una crescita dello 0,6% per il nostro Paese appaia oggi piuttosto ottimistica lo certificano molti osservatori. Paolo Mameli, senior economist di Intesa SanPaolo, ha osservato che "la debole chiusura del 2018 e dell'inizio del 2019 può spingere la crescita media annua su valori molto vicini allo zero" nel 2019. In altri termini, ha osservato ancora, "per ora è recessione tecnica o stagnazione, più che recessione vera e propria". Tuttavia, ha sottolineato, "occorrerà osservare rapidamente una ripresa degli indici di fiducia per poter raggiungere una crescita del Pil dello 0,6% nel 2019". La Chief Economist per l'Italia di Unicredit Loredana Federico, dal canto suo, ha previsto una crescita del Pil per il 2019 allo 0,5%, attendendosi che "il Pil dell'Italia ritornerà ad una crescita trimestrale modesta nel corso dell'anno". A pesare è soprattutto il contesto internazionale: "Un rallentamento della domanda globale potrebbe continuare a frenare le esportazioni e, quindi, gli investimenti e l'occupazione", ha spiegato ancora Federico. In ogni caso, la situazione dell'Italia "non è nell'agenda" della riunione dell'Eurogruppo prevista per lunedì prossimo a Bruxelles, ha indicato un alto funzionario Ue. Tuttavia la recessione tecnica in cui è caduta l'economia italiana, che è di fatto una stagnazione, non può non preoccupare i partner europei, dato che l'Italia continua ad avere un rapporto tra debito e Pil molto elevato, il secondo più alto dell'Eurozona dopo quello della Grecia (e il sesto al mondo, secondo la Cia, dopo Giappone, Grecia, Libano, Yemen e Barbados): se il denominatore non cresce, visto che il numeratore aumenta inerzialmente, il rapporto è destinato a peggiorare. "Sono sempre preoccupato, se un Paese" dell'Eurozona "ha una crescita bassa o cade in recessione", dice l'alto funzionario. La situazione in cui si trova l'economia italiana viene scontata dal mercato: il rendimento sul decennale ha iniziato a risalire dal 31 gennaio, quando l'Istat ha certificato la recessione tecnica in cui è caduta l'economia del Paese, con due trimestri consecutivi di calo del Pil, sia pure frazionale. Dal 2,6% circa è passato al 2,8% attuale, con lo spread rispetto al Bund a quota 265: è ancora sotto quota 300, ma non così lontano da consentire di tirare un sospiro di sollievo. Piazza Affari, invece, ha recuperato un po' del terreno perduto con lo scontro con l'Ue sulla manovra: il Ftse Mib è a un passo da quota 20mila punti, un livello che non toccava dai primi di ottobre. UFFICIO PARLAMENTARE DI BILANCIO - Secondo l'Ufficio parlamentare di bilancio il Pil quest'anno dovrebbe crescere dello 0,4%, "frenato dall'eredità statistica negativa indotta dalla flessione del semestre scorso". L'anno prossimo la dinamica del Pil "si irrobustirebbe, verso lo 0,8%, sospinta ancora dalla domanda interna". L'Ufficio parlamentare di bilancio, nella nota congiunturale, rileva che le "più recenti informazioni congiunturali non mostrano ancora segnali di inversione del ciclo economico". Nella nota si legge che "i modelli di previsione di breve periodo stimano che nel trimestre in corso l'attività sarebbe pressoché stagnante o debolmente negativa".