Pensioni e inflazione

La proposta del Pd: stangare gli assegni da 90mila euro in su

Matteo Legnani

C'è una stangata, nella legge di stabilità, che non si vede subito. Perchè non è una tassa, non è un'imposta, non è un taglio. Si chiama invece de-indicizzazione delle pensioni rispetto all'inflazione. Tradotto, significa che la manovra presentata dal governo Letta prevede che nel prossimo triennio (2014-2016) l'ammontare delle pensioni non venga "aggiornato" tenendo conto dell'inflazione. E tradotto in soldoni, visto che le pensioni quello sono, significa una perdita reale media di circa 600 euro in tre anni per i pensionati italiani. Naturalmente, la situazione varia a seconda dell'ammontare dell'assegno mensile. Per quelli fino a tre volte il trattamento minimo (che è pari a 487 euro) l'adeguamento all'inflazione resta al 100%; per quelli fra 3 e 4 volte il minimo scende al 90%; per gli importi compresi fra  4 e 5 volte il minimo è al 75% e per quelli superiori a sei volte (cioè da 2.973 euro di pensione in su) è ridotto al 50% (ma nel 2014 viene esclusa ogni rivalutazione). Ovvio che il tasto delle pensioni sia tra quelli investiti da emendamenti: Pd e pdl sono d'accordo nell'attenuare la deindicizzazione  per le pensioni tra 4 e 6 volte il minimo (ossia quelle sopra i 1.500 euro, che è la fascia più numerosa). Ma se il Pd propone di trovare le risorse facendo scattare il contributo di solidarietà (nella misura del 5%) sulle pensioni elevate già a 90mila euro l'anno anzichè  a 150mila come attualmente previsto, il rafforzamento del contributo di solidarietà non convince il Pdl.