I due scenari

Ernesto Preatoni a Senaldi: "Dopo il coronavirus, rivolta sociale se l'Italia non uscirà dall'euro"

Pietro Senaldi

Se non tutti i mali vengono per nuocere e ogni crisi nasconde un'opportunità, «questa pandemia è auspicabile che dia all'Italia la forza per una scelta coraggiosa, come uscire dall'euro, il più grande errore fatto dal nostro Paese». La pensa così Ernesto Preatoni, economista, uomo di finanza, grande imprenditore, con interessi in tutto il mondo. Ma soprattutto, virtuoso del pensiero trasversale e ardito, quello che scompagina gli schemi e, se l'intuizione è felice, porta a successi straordinari.

 

 

«L'Italia ha le spalle al muro» è l'analisi del fondatore della holding Domina, colosso del turismo, «non se ne esce senza qualcosa di traumatico; e allora è meglio parlare chiaramente, fare sacrifici per un paio d'anni con una prospettiva di miglioramento, piuttosto che arrancare in eterno, continuando a impoverirsi». Se non si esce dall' euro, secondo Preatoni ci attende un bivio, le cui strade ci porterebbero entrambe nel burrone. «Se davvero perdiamo solo il 10% del Pil» spiega l'economista, «significa che scendiamo a 1.600 miliardi di prodotto interno lordo. Poniamo di emettere buoni del Tesoro per 400 miliardi: in un anno ci troveremmo con un debito di 2.900 miliardi, al 160% del Pil. Risultato: roviniamo intere generazioni, perché il debito è pubblico nominalmente, ma privato nella sostanza, visto che lo devono sostenere i cittadini; e dovrebbero farlo a interessi stellari, perché chi presta soldi a un Paese così in rosso?».

Questa era la buona notizia. L'altro scenario sarebbe perfino peggiore. Il governo ha promesso soldi a tutti in maniera generosa, ma al momento di mantenere la parola la cinghia si è stretta. Il cervellone dell' Inps si è incartato e gli autonomi hanno dovuto aspettare oltre un mese per avere 600 euro. Le banche pongono ostacoli per concedere i prestiti garantiti dal governo, che sono pochi soldi, mentre altri Paesi hanno versato contante direttamente sui conti corrente dei cittadini. Il denaro che arriverà servirà solo per pagare le tasse e la ripartenza sarà tutta a carico degli imprenditori. «I quattrini non basteranno, molti non riapriranno, il Paese fallirà e avremo la rivolta sociale. A quel punto, a quanto salirà il famigerato spread, con la polizia schierata in strada contro i cittadini?». La previsione di Preatoni non lascia scampo.

L'uomo non ha molta fiducia nel Mes, il meccanismo di stabilità che Conte non voleva ma che domani firmerà in Europa «anche se troverà qualche formula strana, qualche artificio contabile, per sostenere che non si è rimangiato la parola» sintetizza l'imprenditore. «Se davvero ci danno 36-37 miliardi gratis» afferma, «giusto prenderli, ma io della Ue non mi fido, sono soldi che dovremo restituire, già l'hanno detto e poi il problema vero non è questo, perché bene che vada, il Mes ci riporta allo scenario numero uno. Stesso discorso per gli eurobond, o coronabond che dir si voglia: sono comunque soldi che devi restituire in valuta pesante, che non ti puoi permettere. Perciò l'unica strada è chiudere con l' Europa».

 

 

Preatoni è convinto che «zavorrata da un Sud improduttivo, l'Italia ha un unico modo per competere sui mercati internazionali, ed è svalutare, come facevamo negli anni Ottanta». L'analisi è spietata: «In Meridione non c'è fiducia nelle istituzioni e ognuno pensa a sé, ma così un Paese non può sedersi al tavolo a concorrere con nazioni compatte». Perciò l'unica strada è far saltare il tavolo, approfittare del caos della pandemia, dell'irrigidimento europeo e tornare a giocare con regole diverse, cioè a svalutare.

Il vecchio leone della finanza non teme l'inflazione, un rischio Weimar o Argentina. «Negli anni Ottanta», spiega, «la gente prestava denaro allo Stato con rendite del 15% e un'inflazione al 20 ed era contenta. L'uomo non è rigorosamente razionale e una volta che l'economia riparte i mercati comprano anche se il debito è monstre».

E da qui Preatoni inizia a volare alto. «I giornali delle élite difendono ancora l'Europa», scorre il ragionamento, «perché chi comanda è conservativo, non vuole cambiare. Salvini sa che, se torna a dire che conviene mollare l'euro, lo spread risale subito e tutta Italia inizia a dargli del traditore, accusa che nel momento dell' emergenza nazionale, schianterebbe chiunque. . Ma io non sono un politico e penso all'interesse del Paese», rivendica l'autore del libro La vita oltre l' euro. «Da che siamo entrati nella moneta unica, i nostri numeri economici sono drammatici». E la storia che l'Italia avrebbe risparmiato decine di miliardi visto che l'euro ci garantirebbe interessi bassi sul debito è solo una piccola parte di verità, «perché per i primi anni il mercato ha studiato la nuova situazione, e dopo lo spread sui nostri titoli di Stato è schizzato senza controlli, finché non è intervenuto Draghi a comprarli con la Bce, ma la situazione che abbiamo dal 2012 è artificiale, non corrisponde al reale valore del nostro debito, che senza il doping del bazooka non riusciremmo a sostenere».

Resta lo sguardo sul futuro, che è pieno di nubi. «Vedo troppa confusione nella politica: il Pd che va d'accordo con Forza Italia, i Cinquestelle che un giorno litigano con i sovranisti e quello dopo li scimmiottano. Mancano visione e ragionamento politico in tutti e ciascuno pensa solo in termini del proprio immediato interesse. Questo rischia di portare non solo l'Italia, ma l'intero Occidente, al tracollo. Non mi stupirei se tra poco scoppiassero guerre per l' acqua». Speranze? Il ritorno ai valori veri della vita, quelli legati alla sopravvivenza. «Oggi devi promettere qualsiasi cosa per farti votare» chiude Preatoni, «perfino l'immortalità; tant'è che arriva un virus e ci paralizziamo, perché non riusciamo più ad accettare che la morte sia parte della vita». Da qui la promessa di un paradiso in Terra che non esiste e lo spaccio dell' ideologia globale per cui l'umanità tende a una crescita costante. «Quando invece le masse non ragionano mai per interesse globale, ma prevale sempre l'interesse personale. E il nostro è uscire dall' euro, che ci ha già dato fin troppe fregature». Parola di economista, finanziere e imprenditore.