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Da Napoli a Londra per tramutare sogni in realtà: Antonio, 24 anni, aiuta gli altri a realizzare startup

Giuliana Covella
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Da Napoli a Londra per tramutare il suo sogno in realtà. Antonio Gison,  24 anni, si trasferì nel Regno Unito due anni fa barcamenandosi tra tanti lavori. Esperienze che ha messo a frutto, insieme alle sue competenze informatiche, per aprire un business che porta il suo cognome, una startup che aiuta gli innovatori a sviluppare i loro progetti, con l’aiuto di un network di mentor internazionali: «Ora ho un’azienda che funziona, con 6 persone che mi supportano nello sviluppo nel progetto. Se mi guardo indietro? Quasi non ci credo», ammette. E un consiglio a chi vuole aprire un’azienda a Londra? «Venire qui, accettare qualsiasi tipo di lavoro e investire i propri soldi nella realizzazione di quello che si sogna», spiega. Un sogno che, nel suo caso, Antonio ha costruito di notte. Cameriere in un ristorante italiano, poi in uno spagnolo e un’esperienza come receptionist. I primi tempi a Londra per il 24enne non sono stati dei più facili: «Mi licenziavano in continuazione - ricorda - Non ero portato per quei tipi di lavori. Come receptionist sono durato di più, anche perché lavoravo di notte e intanto avevo il tempo di costruire la mia azienda». Poi l’idea vincente. Di notte crea Gison.it, una startup che aiuta a trasformare in realtà i sogni dei wannabe entrepreneur: «Non possiamo essere esperti in tutti i settori e quindi la prima parte del lancio dell’azienda l’ho dedicata a costruire una rete di mentor. Li contattavo online, spiegandogli la mia idea. Alcuni mi dicevano no, altri sì, ma sono molto determinato e persuasivo». Oggi tra i mentor della sua rete c’è anche Lloyd Jacob, startupper seriale che ha raccolto 1 milione di dollari da YCombinator e da altri top venture capital della Silicon Valley: «Alcuni clienti pensano non sia vero: con soli 100 euro l’ora possono parlare con un personaggio come Lloyd o altri investor americani, come Erik Bullen. La mia più grande soddisfazione è proprio essere riuscito in pochi anni a coinvolgere nel mio progetto mentor di grande prestigio, dice. Ma oltre a supportare le idee di startupper, Antonio sviluppa anche progetti in house, specie nel campo delle applicazioni. Due le app che il team sta lanciando. La prima, Hack4Pizza è un’app che aiuta i vincitori di hackathon a promuoversi, a dare spazio alla loro vittoria sui social e sull’app per aumentare la loro visibilità in rete. L’altro è Hacker’s Field: «Abbiamo creato un gioco che vuole informare i giovani su tutti i crimini della rete. Il gioco spiega come un hacker attacca e come bisogna difendersi». Antonio racconta come Londra, malgrado la Brexit, non abbia perso il suo ruolo nel tech. Ci parla delle agevolazioni del fisco (non si paga l’Iva al di sotto degli 85mila pound l’anno) e della presenza, a poca distanza, di due centri di innovazione come il Google Campus e il tech hub: «Londra è l’ideale per il mercato delle app, soprattutto nel fintech, ma anche nel gaming. La strada per affermarsi è molto tortuosa. Se vuoi creare un progetto devi investire prima i tuoi soldi e il tuo tempo libero. Alcuni startupper vengono da noi alla ricerca di finanziatori, senza aver investito un euro dei loro risparmi. Il mio consiglio è iniziare con un lavoro e intanto preparare il proprio progetto, partendo da ciò che è mancato a me all’inizio: la creazione di un buon team», conclude.

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