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Reddito di cittadinanza? No, di immigrazione: l'ultimo scandalo di M5s-Pd, sfregio agli italiani e soldi agli stranieri

Fausto Carioti
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Era inutile attendersi una seria proposta di riforma del reddito di cittadinanza dalla sociologa Chiara Saraceno, che presiede il comitato scientifico incaricato di valutarlo, e da Andrea Orlando, il ministro che le ha dato l'incarico. La prima ha sempre difeso la misura, convinta (come ha scritto su Repubblica) che «la stragrande maggioranza dei percettori di Rdc vorrebbe un lavoro vero», e se non lo trova è colpa innanzitutto delle imprese, le quali cercano lavoratori specializzati, ma non investono per formarli. Quanto a Orlando, prima di essere ministro del Lavoro è capo dell'ala sinistra del Pd e fautore dell'alleanza con i Cinque Stelle. Il risultato è stato all'altezza delle premesse. La Saraceno ieri ha presentato la relazione del suo comitato, che dovrebbe indicare la strada al governo e al parlamento, dove la sinistra non attendeva altro. Il documento inizia avvertendo che il reddito di cittadinanza è «indispensabile» e, grazie ai suoi «controlli sistematici», può «costituire uno strumento di contrasto al lavoro nero e alle diverse forme di caporalato». Dopo tale presupposto, nulla può stupire. Nemmeno la proposta di aumentare il numero di immigrati che lo ricevono. Ci sono infatti «alcune criticità» nell'impianto attuale delle legge, avverte la relazione, e la prima di esse è la regola secondo cui, per accedere al sussidio, sono necessari dieci anni di residenza in Italia, gli ultimi due dei quali continuativi. Un requisito che «produce una discriminazione nei confronti dei cittadini stranieri, limitandone fortemente la possibilità di accedere alla misura».

 

 

STRANIERI
Il problema parrebbe, semmai, quello opposto. È di due giorni fa la notizia (non certo la prima) dei nove stranieri scoperti dalla Guardia di Finanza di Treviso, che ricevevano il sussidio pur essendo rientrati da tempo nei loro Paesi d'origine: segno che incassarlo è tutt' altro che difficile. Ma la professoressa e i suoi colleghi non la pensano così, e scrivono che «in linea di principio» si dovrebbe ridurre il requisito di residenza a due anni; «in subordine» chiedono di dimezzarlo, portandolo cinque. Nel decalogo si propone pure di ridurre da 6.000 a 5.400 euro la soglia di partenza per le famiglie di una persona e di equiparare il "peso" dei minori a quello degli adulti, in modo da dare di più alle famiglie numerose, nonché di differenziare il contributo per l'affitto, tagliandolo per le famiglie di una persona e aumentandolo per quelle con più figli. Un nucleo di sei componenti che vive in affitto passerebbe così da 1.330 a 1.540 euro al mese. Pur non essendo provvedimenti ad hoc per gli stranieri, andrebbero soprattutto a loro vantaggio, dal momento che le donne non italiane residenti nel nostro Paese hanno un tasso di fecondità assai più alto della media (al Nord, oggi, più di un nato su cinque ha entrambi i genitori stranieri).

 

 

PROPOSTE
Anche altre proposte presentate dalla Saraceno appaiono controverse. Quella di «consentire il cumulo tra il Rdc e una percentuale significativa dell'eventuale nuovo reddito da lavoro» parte dall'indiscutibile presupposto che oggi i percettori della prebenda non hanno interesse ad accettare un impiego, poiché il loro reddito cambierebbe di poco; questo, però, non fa che confermare quanto lo strumento sia sbagliato, e l'incentivo a lavorare può essere dato pure tagliando o levando il sussidio a chi respinge l'assunzione. Sono inoltre giudicate «palesemente assurde e inutilmente punitive» le disposizioni che ritengono congruo, dopo una prima offerta rifiutata, dapprima un lavoro entro 250 chilometri dal luogo di residenza, quindi sull'intero territorio nazionale.

 

 

OBBLIGO
Al governo si chiede pure di cancellare l'obbligo di spendere l'intero importo dell'assegno entro il mese successivo, che era stato introdotto per rimettere in circolazione i soldi del reddito di cittadinanza, e di rimuovere i vincoli all'utilizzo della carta, che vietano, tra le altre cose, l'acquisto di armi, materiale pornografico e gioielli. La riforma non è ancora stata definita nei dettagli. Mario Draghi ieri ne ha parlato con Orlando, il pentastellato Stefano Patuanelli e il forzista Renato Brunetta. È stato confermato che il taglio dell'assegno scatterà al primo rifiuto di un lavoro congruo, anziché automaticamente dal sesto mese, e che dopo il secondo rifiuto il sussidio sarà revocato. Anche per questo saranno introdotti controlli sulle risposte date dai beneficiari alle offerte di lavoro: pur essendo essenziali, simili accertamenti oggi non esistono. 

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