Soldi e fede

Ennio Doris, "dove rivedo il volto di Cristo": quella sconvolgente confessione a pochi mesi dalla morte

"In loro ho visto il volto di Cristo". In una delle sue ultime interviste, Ennio Doris tracciava il bilancio della sua vita e del rapporto con Dio. Dalle pagine di Avvenire il banchiere fondatore di Mediolanum, scomparso nella notte a 81 anni, ammetteva: "Ho passato la vita con la mano di Dio posata sul capo. Ho avuto tanto, quello che ho costruito l’ho fatto non per merito mio, ma perché il Padreterno mi ha fatto nascere in una famiglia che mi ha amato e poi mi ha donato talenti da mettere a frutto. Da credente, aiutare chi non ha più nulla a risollevarsi con il lavoro è il mio modo di ringraziare e restituire".

 

 

 

 

 

La povertà, in Veneto, l'ha conosciuta fin da bambino, nel Dopoguerra: "Eravamo in 18. Sono grato ai miei genitori che non mi hanno mai fatto mancare l’amore e mi hanno educato con valori cristiani, l’amore e il rispetto per il prossimo. La mia infanzia è stata un paradiso. È stato il primo grande dono". L'altro, è stato il talento per i numeri, che lo portò a studiare e a entrare nel mondo della finanza: "Quando avevo iniziato a fare il promotore finanziario, un falegname mi consegnò un assegno di dieci milioni, che negli anni 70 erano una bella somma. Ero felice poiché lavoravo a provvigione. Lui mi disse che mi aveva dato molto di più: mi consegnava i frutti di anni di sacrifici. Mi spiegò poi che non poteva permettersi di ammalarsi perché se non lavorava la sua famiglia non poteva mangiare. Si aspettava da me una rendita che gli permettesse il 'lusso' della malattia pagata. Ho cercato di trasmettere questo senso di responsabilità nella gestione dei risparmi ai miei collaboratori".

La finanza come missione: arricchirsi facendo stare meglio anche gli altri. Da qui per esempio il sostegno a progetti benefici come Il senso del pane, a fianco dei carcerati che producono ostie. In loro, spiegava, "rivedo il volto di Cristo". Doris si diceva spinto dalla "possibilità di ridare dignità, di fare in modo che con il lavoro anche chi ha sbagliato nella vita possa ripartire, scoprire e far fruttare il proprio talento. Se poi il lavoro è stampare quello che durante la messa diventerà il Corpo di Cristo, mi sembra il massimo".