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Allianz, la profezia del colosso della finanza: "Soldi finiti. Scatteranno le sommosse"

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Sandro Iacometti
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Nel 2020 a scatenare la furia di una parte consistente della popolazione americana fu la morte di George Floyd per mano della polizia. Un caso enorme e clamoroso che scosse il mondo e sollevò ovunque dibattiti, polemiche e manifestazioni. Ma la rabbia dei cittadini esplode anche per molto meno. Nel 2018 in Francia bastò un aumento della benzina per far scendere la gente in piazza per mesi. In Cile accadde lo stesso per l'incremento delle tariffe della benzina. Mentre nei due anni appena trascorsi ad alimentare in molti Paesi disordini sociali e dure proteste ci hanno pensato le restrizioni anti-Covid. Quando il materiale è infiammabile, una piccola scintilla è sufficiente a far divampare l'incendio. E sembra che la miscela creata dalle conseguenze del conflitto in Russia, dalla carenza di cibo, dai prezzi alle stelle, dalle borse a gambe all'aria, dai tassi dei mutui che salgono e dalla prospettiva di una recessione sia altamente sensibile alle sollecitazioni. A pensarla così non sono solo istituzioni internazionali come l'Onu, che ha più volte paventato il rischio di carestie e rivolte, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, o la Fao, secondo cui la fame minaccerà la stabilità sociale in decine di Paesi, ma anche gli esperti di Allianz, che per mestiere fanno proprio questo: valutare i rischi.

 

 

 

EDIFICI E BENI

L'allarme del colosso assicurativo è ovviamente rivolto alle aziende e non ai governi, ma la sostanza cambia poco. Secondo la divisione Global Corporate & Specialty (AGCS) le imprese dovranno prepararsi a scioperi, sommosse e violenti movimenti di protesta che, oltre a provocare costosi danni materiali agli edificio ai beni, possono causare anche gravi interruzioni dell'attività a seguito dell'impossibilità di accedere ai locali con relative perdite di profitto. Per Srdjan Todorovic, attualmente Head of Crisis Management per Regno Unito e Paesi nordici di AGCS e prossimo a diventare Head of Global Political Violence & Hostile Environment Solutions, i disordini civili, quanto a danni economici, sono addirittura peggio del terrorismo. E il manager ipotizza addirittura che potenziali focolai non si manifestino solo nelle piazze, ma anche nel mondo del lavoro. «È improbabile», ha spiegato, «che i disordini sociali si attenuino presto, viste le ripercussioni del Covid-19, la crisi del costo della vita e i cambiamenti ideologici che continuano a dividere le società di tutto il mondo. Le aziende devono prestare attenzione a qualsiasi indicatore sospetto e definire percorsi chiari per la risposta e l'allentamento della tensione, in modo da anticipare e scongiurare il rischio di danni ai dipendenti e/o alle proprietà aziendali e personali». Insomma, oltre a stringere i denti per i costi schizzati alle stelle delle materie prime e dell'energia, a fronteggiare il prevedibile calo dei consumi provocato dall'inflazione e, tra qualche giorno, a pensare in che modo trovare la necessaria liquidità dopo la fine dei tassi a zero annunciata dalla Banca centrale europea, gli imprenditori dovranno anche fare i conti con le possibili fibrillazioni dei dipendenti. E se fino ad ora si pensava che il livello di guardia, considerato soprattutto il previsto calo delle forniture mondiali di beni primari come il grano, sarebbe scattato soprattutto nei Paesi poveri, adesso sembra che nessuno sia più al sicuro. La società di consulenza britannica Verisk Maplecroft, ad esempio, ritiene «inevitabile un aumento dei disordini civili nei Paesi a medio reddito, che sono stati in grado di offrire protezione sociale durante la pandemia, ma che ora avranno difficoltà a mantenere quel livello di spesa visto l'aumento del costo della vita».

 

 

 

I FORCONI

Secondo le Verisk Civil Unrest Index Projections, sono addirittura 75 i Paesi che hanno un'alta probabilità di vedere un aumento delle proteste entro la fine del 2022, tra questi Stati Uniti, Argentina, Brasile e Spagna, con conseguente aumento della frequenza di tali fenomeni e dei danni alle infrastrutture e agli edifici. In altre parole, lo spettro dei forconi nelle strade e sotto i palazzi della politica, che molti tirano in ballo quasi per gioco per descrivere gli effetti di misure particolarmente impopolari di chi governa è ora un pericolo concreto. Viste da questa prospettiva le prossime mosse di Mario Draghi, che si appresta a varare l'ennesimo decreto aiuti destreggiandosi con margini di bilancio resi inesistenti dal risveglio dello spread, appaiono assai delicate. Suscitare l'ira di Bruxelles facendo ricorso al debito o quella degli italiani lasciandoli a bocca asciutta di fronte ad un costo della vita già diventato per molti insostenibile? Questo, banalmente, è il problema.

 

 

 

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