Gas, emergenza in Italia: razionamenti, ecco chi resta al buio
Lo sconto è significativo, può arrivare fino a 80mila euro annui a Mw. Ma chi ha (giustamente) provato a risparmiare qualcosa sulla bolletta, ora rischia di vedersela brutta. Già, perché le centinaia di imprese che partecipano alle aste indette da Terna per il cosiddetto servizio di "interrompibilità" saranno le prime a restare al buio se il governo dovesse decidere di far scattare il piano di emergenza per l'energia. Per carità, l'ipotesi non sembra dietro l'angolo. Ma fino a qualche giorno fa non lo sembrava neanche quella che Vladimir Putin iniziasse a tagliarci le forniture così presto e così tanto.
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Anche ieri il copione non è cambiato. In mattinata l'Eni ha fatto sapere che i flussi di gas sono rimasti quelli degli ultimi giorni, ovvero con una bella sforbiciata del 50% rispetto alle richieste. «Non c'è nulla da temere», ha detto nel pomeriggio l'ad del Cane a sei zampe, Claudio Descalzi, spiegando che malgrado i tagli l'offerta di gas supera comunque la domanda. Il che pone un quesito: se possiamo rinunciare tranquillamente a metà del gas che arriva da Mosca per quale motivo il ministro della Transizione, Roberto Cingolani, ha deciso di convocare per la prossima settimana il Comitato di emergenza?
La realtà è che col taglio del gas, per ora, arrivano circa 195 milioni di metri cubi al giorno a fronte di un fabbisogno di circa 155. E il margine, considerato anche che ci sono aziende che acquistano il metano per esportarlo, è diventato troppo esiguo per garantire il riempimento degli stoccaggi prima dell'inverno, quando i consumi raddoppiano. Ora i depositi sono al 54%, devono arrivare al 90% entro settembre e l'obiettivo non sembra a portata di mano, anche a causa dei prezzi, balzati quasi del 50% in una settimana, che rendono proibitivo acquistare il combustibile da mettere a riserva.
PREALLARME
Ed ecco allora che tornano in ballo le nostre imprese. In questo momento siamo in stato di preallarme, dove praticamente non succede quasi nulla, se non che Cingolani è con gli occhi bene aperti. Il gradino successiso e quello dell'allarme. E anche qui non è una catastrofe, perché di fatto si intensifica il monitoraggio. I dolori arrivano quando si passa all'emergenza, il terzo stadio. Qui scattano diverse misure operative: aumento delle importazioni usando la flessibilità dei contratti, impiego di combustibili alternativi (si riattivano le centrali a carbone) e riduzione della domanda attraverso l'interrompibilità.
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Quest' ultima procedura è di fatto il razionamento. E le prime vittime sono le aziende che hanno sottoscritto contratti, godendo di uno sconto sul prezzo, che prevedono in caso di necessità lo stop delle forniture. Si tratta di una scelta che solitamente viene fatta dalle imprese "energivore", quelle che hanno un livello di consumi molto elevato. Questi tipi di contratti esistono sia per il gas sia per l'elettricità (che in Italia è prodotta per oltre l'80% da centrali a metano).
Ma se nel primo caso ci sono uno o due giorni di preavviso, nel secondo il blocco dell'erogazione, per fare in modo che il sistema resti in equilibrio e non si verifichino blackout in settori sensibili (sanità, sicurezza, residenziale), è istantaneo. Nel senso che Terna può staccarti la corrente anche senza farti una telefonata. La fornitura di energia "interrompibile" viene messa periodicamente all'asta. Ce ne sono di triennali, annuali e trimestrali.
INVERNO CRITICO
La stragrande maggioranza delle imprese che accedono al meccanismo sono acciaierie, cementifici e cartiere. Ma nell'elenco spuntano anche altri settori industriali. Nelle ultime aste annuali e trimestrali (nella tabella), accanto ad Arvedi, Italcementi, Buzzi, Riva, l'ex Ilva ci sono ad esempio anche Pirelli e Aruba, oltre a numerosi consorzi che acquistano insieme l'energia scontata per diverse attività manifatturiere. Ancora più corposa, e variegata, quella triennale (2021-2023), dove troviamo, tra altre 160 aziende, Ferrarelle, Tim, Coca Cola, Sanpellegrino, Unicoop Firenze, il pastificio Garofalo, Barilla. Saranno loro, imprenditori che un anno fa o solo qualche mese fa hanno sfruttato un'opportunità offerta dal nostro sistema energetico per evitare che un ospedale resti al buio, le prime vittime della rappresaglia di Putin. Resteranno al buio? «Quello che verrà», ha detto Descalzi, invocando il tetto al prezzo del gas, «sarà l'inverno più critico, ma in Italia abbiamo preso molte azioni positive e spero che potremo passarlo nel migliore dei modi». Lo speriamo anche noi.