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Debito pubblico, scatta la trappola per l'Italia: cosa accadrà

Michele Zaccardi
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Altro che Pnrr, la vera posta in gioco nei prossimi anni sarà la riforma del Patto di Stabilità. Lo hanno capito bene in Germania, dove il ministero dell'economia ha già presentato un documento che indica i principi a cui il governo dovrà attenersi quando si siederà al tavolo delle trattative. Principi che, naturalmente, rispecchiano l'ossessione tedesca: il rigore nei conti pubblici, soprattutto degli altri. Non è un caso, infatti, che nel testo venga dedicata particolare attenzione alla riduzione del debito e al perseguimento di «finanze pubbliche sane». Il tutto accompagnato da una maggiore severità nel controllo del rispetto delle regole. E a farne le spese sarà ovviamente l'Italia che ha un debito pari a 2.766,4 miliardi di euro, abbondantemente sopra il 150% del Pil.

 

 


Ma andiamo con ordine. Sospeso in seguito alla pandemia, il Patto di Stabilità tornerà in vigore nel 2024, con tutto il suo apparato di regole su deficit e debito, procedure di infrazione e strigliate ai governi non allineati. Consapevole dei limiti del labirintico sistema di norme sui conti pubblici, nel febbraio 2020 la Commissione Ue ha avviato il processo di riforma. Obiettivo: rendere le regole più semplici e favorire la spesa in investimenti. Tutto il contrario di quanto suggerisce il ministero dell'economia tedesco. Non che sia una sorpresa. Ma che il testo pubblicato ignori completamente qualunque proposta fatta negli ultimi anni da economisti, centri di ricerca e uffici studi appare quantomeno singolare. A parte l'eliminazione dell'obbligo di ridurre di un ventesimo all'anno il debito che eccede il 60% del Pil, peraltro mai applicato vista la sua assurdità (per l'Italia si tratterebbe di circa 80 miliardi di euro), il Patto di Stabilità rimane lo stesso. C'è solo qualche ritocco, come l'idea di rendere un po' più generosa, ma in modo «limitato», la clausola sugli investimenti.

 

 

 


Insomma, non cambia praticamente nulla. Anche perché, evidentemente, a Berlino le cose stanno bene così. Come si legge nel testo, infatti, «gli obiettivi fondamentali delle regole fiscali europee sono di assicurare la sostenibilità dei debiti e finanze pubbliche sane». Per questo, ai Paesi «con livelli di debito elevati» si richiede «una graduale e sufficiente riduzione del debito in rapporto al Pil». A tal fine è necessario «migliorare l'applicazione delle regole fiscali, compresa l'attivazione e l'implementazione delle procedure per deficit». In altre parole, più severità contro chi sgarra. Insomma, i principi messi nero su bianco dal ministero dell'economia tedesco non promettono niente di buono. Sul tema è intervenuto anche l'ex vicepresidente della Banca centrale europa, Vítor Constâncio, che su Twitter ha sottolineato una serie di criticità della proposta. Innanzitutto, il mantenimento della regola che limita la crescita della spesa pubblica «aggrava i rischi di una politica fiscale restrittiva». Mentre «non c'è garanzia per la piena operatività degli stabilizzatori automatici (come i sussidi di disoccupazione, ndr)». Per Constâncio, infine, la proposta tedesca non contiene «una tangibile semplificazione del Patto». Certo, quello pubblicato dal ministero dell'economia è soltanto un canovaccio che il governo dovrà seguire. Ma se già adesso la posizione di Berlino è così intransigente, per l'Italia e i Paesi mediterranei sarà difficile strappare qualcosa di significativo ai negoziati. 

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