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Pnrr, ecco perché va salvato dalle tagliole della burocrazia

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Bruno Villois
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La macchina organizzativa pubblica del nostro Paese dispone di una possente iniziativa da mettere a terra che vale oltre 200 miliardi e almeno sulla carta può innescare lavoro diretto e indiretto fino a 2,5-3 volte l'importo e almeno 1 milione di nuovi posti di lavoro. Mi riferisco al PNRR , di cui per circa la metà è concesso a fondo perduto e per l'altra va restituito all'Europa nel prossimi 4 lustri, ovvero una sontuosa opportunità di dare corso, in un triennio, ad un profondo rinnovamento delle infrastrutture e di molti servizi fondamentali per il nostro sistema socio-economico. 

Ad ostacolare questa enorme occasione possono concorrere fattori negativi di lungo corso che hanno prodotto sull'economia italiana danni di enorme portata, a capeggiarli sono la burocrazia, male oscuro che ha deteriorato e inflitto colpi pesantissimi all'efficienza e funzionalità del sistema pubblico, con ricadute pesantissime su quello privato, ma anche il provincialismo che si esprime attraverso gli enti locali negli oltre 8000 mila Comuni ed enti ed entucoli a loro collegati, di cui ci si potrebbe facilmente fare a meno. Sono e saranno queste due componenti i tarli che corroderanno le possibilità di poter azionare programmi di modernizzazione che, se ulteriormente ritardati, ci affosserebbero così com' è già successo negli ultimi 20 anni, periodo in cui il nostro Pil complessivamente è cresciuto meno della metà di quello di Eurolandia, quasi un terzo di quelli di Germania e Francia. 

Le dimensioni e l'importanza dei potenziali ritorni dall'immissione dei 200 e passa miliardi sulla nostra economia, ovvero quasi il 13% del Pil 2021, imporrebbe alla politica, di ogni colore, una chiara volontà di collocarsi in maniera univoca a sostenere la messa in atto dei progetti e la riduzione delle tempistica per realizzarli, opzioni indispensabili non solo per poter accedere ai fondi ma anche per evitare di doverli restituire integralmente. Il processo delle riforme imposto dall'Europa claudica e cammina con il passo della tartaruga, ancor peggio sta avvenendo per i progetti delle opere fisiche da realizzare per il continuo braccio di ferro tra Stato e amministrazioni locali. Il governo, almeno a parole, sembra fortemente impegnato nell'azionare, con la massima determinazione e prontezza, il percorso che deve portare all'ottenimento dell'auspicabile risultato. Se non che gli enti locali, sovente a guida della stessa maggioranza che sostiene il governo, fanno melina e chiedono interessati ritorni, nel nome di bisogni localistici che si scontrano sovente con quelli nazionali. 

Tracciati di grandi itinerari per accelerare viabilità e trasporti vengono subdolamente rallentati, anche con ricorsi ai tribunali amministrativi. La burocrazia e il provincialismo vanno archiviati almeno in parte. Inutile sperare che si arrivi ad arginarne completamente la loro intromissione, ma non farlo neppure in parte sarebbe l'ennesima sconfitta dell'intero sistema paese, danneggiandone il futuro in maniera irreparabile.

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