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Governo Meloni, recupero-record dell'evasione fiscale: roisconi e gufi che dicono?

Michele Zaccardi
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In Umbria per siglare un accordo di sviluppo e coesione con la Regione, Giorgia Meloni scherza sui suoi primi mesi di governo. «Sono quattordici o quindici» dice la premier, «non me lo ricordo più, a me sembrano quindici anni». Un periodo, quello trascorso dalla leader di Fratelli d’Italia a Palazzo Chigi, durante il quale l’economia italiana, seppur in rallentamento, ha dato diverse soddisfazioni al governo. Alcuni dati, spiega la premier, «sono molto incoraggianti: record di occupazione, record di contratti stabili, record di aumento dell’occupazione femminile». Ma sono soprattutto i risultati del gettito fiscale e della lotta all’evasione che vengono rivendicati da Meloni. «Lo scorso anno l’Agenzia delle entrate certifica un maggiore gettito per 26 miliardi di euro», mentre, sempre nel 2023, «ci dice anche che abbiamo avuto il record di recupero dell’evasione fiscale» pari a 24,7 miliardi, 4,5 in più sul 2022.

APPROCCIO
Un obiettivo raggiunto grazie a un approccio «non vessatorio, per cui lo Stato rischia di diventare un nemico, ma collaborativo con il contribuente» spiega la premier. Che poi aggiunge: «Dobbiamo rendere le istituzioni e lo Stato italiano una realtà che non c’è bisogno di aggirare, un nostro alleato, perché lo Stato alla fine è la nostra azienda di famiglia e se questo non lo capiamo i nostri problemi non li risolveremo mai».

Meloni può pure fregiarsi di un altro successo del suo governo sul fronte della gestione della finanza pubblica. E cioè aver riportato in Italia una buona fetta di debito, grazie alle emissioni di titoli destinati ai piccoli risparmiatori. A cominciare dal Btp Valore, giunto al terzo collocamento, con cui il ministero dell’Economia ha raccolto 53 miliardi di euro. «Un record storico assoluto» rimarca Meloni, che giudica cruciale la strategia portata avanti dal Mef perché «più parte del debito riusciremo a mettere nelle mani italiane e più saremo liberi di decidere il nostro destino».

Certo, non tutto va per il meglio. Soprattutto dal lato dei conti pubblici, zavorrati dall’eredità del Superbonus 110. La settimana scorsa, l’Istat ha rivisto il deficit del 2023, aumentandolo di quasi due punti di Pil, dal 5,3% pre visto dal governo in autunno al 7,2%. Si tratta di uno sforamento di circa 40 miliardi di euro rispetto alle tabelle del Mef, dovuto al tiraggio fuori controllo dei crediti edilizi. «Sul piano del bilancio» puntualizza Meloni, «abbiamo un’eredità un po’ pesante, che va peggiorando particolarmente sul tema del Superbonus», ma «tutti i dati sull’andamento economico ci stanno dicendo che la nostra ricetta migliora le condizioni che erano difficili. Questo non vuol dire che le cose vanno bene, bisogna sempre lavorare di più e meglio ma la strada mi sembra giusta».

Per questo occorre continuare sulla via già tracciata con la manovra, rendendo «il più possibile continuative le misure che noi abbiamo scelto di portare avanti, come per esempio il taglio del cuneo contributivo». Taglio che vale 6-7 punti fino a 35mila euro di reddito, per un costo di una decina di miliardi, ma che è stato confermato solo per l’anno in corso. E dunque toccherà trovare le coperture per prorogare lo sconto anche nel 2025. «Dare continuità a queste misure, che è già un impegno molto gravoso, sarà una grande sfida ma molto importa». Ma la conferma del taglio del cuneo contributivo è una priorità per Meloni. Anche perché il provvedimento «porta ora a un aumento medio dei salari di circa il 3%, che è molto più alto di quello che abbiamo visto negli anni passati».

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