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Idee, progetti e saperi: l'identikit del lavoratore del futuro

Angelo Pasquarella, nel libro "Il Quinto Stato", traccia il profilo dei knowledge worker, operatori che mettono la loro conoscenza al servizio dell'azienda

Andrea Tempestini
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Tramonta l'era industriale. Benvenuta era della conoscenza. Da questo presupposto prende forma il libro di Angelo Pasquarella, "Il Quinto Stato", che ha come obiettivo quello di analizzare i meccanismi del nuovo sistema di produzione post-industriale dominato da figure chiave che prendono il nome di knowledge worker, operatori della conoscenza. Il lavoratore del futuro non sarà più un mero esecutore materiale bensì un problem solver, dovrà cioè mettere la sua conoscenza e competenza al servizio della produzione. Una produzione caratterizzata sempre più da beni immateriali, idee e saperi, al posto di quelli materiali. Il termine "Quinto Stato" utilizzato dall'autore sta appunto a sottolineare l'allontanamento progressivo da quello che era il modello dell'economia delle cose, organizzato in base a logiche lineari. L'universo post-industriale, al contrario, è complesso e l'incertezza dei metodi e dei risultati regna sovrana. Nel passaggio da un mondo all'altro, però, l'autore individua una problematica importante; secondo Pasquarella stiamo vivendo già da tempo nell'era della conoscenza ma siamo rimasti ancorati ai vecchi standard dell'era industriale. Per esprimere al meglio la sua competenza, infatti, l'operatore della conoscenza ha bisogno di agire in un clima a lui congeniale. Per prima cosa ha bisogno di esser libero di operare come meglio crede e, per questo motivo, la leadership all'interno dell'azienda deve essere diffusa. In questo modo ogni individuo ha la possibilità di esprimere al meglio le proprie potenzialità, così che l'impresa possa capire chi vale davvero e chi no e instaurare un sistema di assunzioni meritocratico. Di conseguenza, anche la cultura del posto fisso, secondo l'autore, non ha più motivo di esistere. Il lavoratore deve essere pagato per i risultati che ottiene, gli obiettivi che raggiunge. Per questo prevede il trionfo dei contratti a progetto. In progetti, infatti, va diviso il lavoro all'interno dell'azienda dove il classico ciclo di produzione basato sullo schema tempo-luogo-processo viene completamente scardinato. Questo perchè, dovendo l'operatore della conoscenza agire in completa autonomia, non può essere costretto a farlo in tempi, luoghi e modi prestabiliti. Il modello deve essere flessibile, riorganizzato di volta in volta e costruito in funzione dello stesso risultato. Perchè è sul raggiungimento dei risultati attesi che si valuta la produttività di un'azienda, e quindi la sua crescita. Il knowledge worker diventa di fatto un capitale sul quale investire più che un costo per l'impresa. Per quanto riguarda la formazione degli operatori della conoscenza, essa è continua e avviene sia fuori che dentro all'azienda, secondo il principio del learning by doing. Inoltre Pasquarella è convinto che in un ambiente di lavoro dove le gerarchie vengono sovvertite, è possibile imparare anche dai propri colleghi (la cosiddetta formazione orizzontale). In conclusione, se tutte queste prerogative saranno soddisfatte, allora potremo davvero parlare di Quinto Stato, senza dover fare continuamente i conti con qualcosa, il modello industriale, che non ci rappresenta più. di Carlotta Addante

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