L'editoriale

Con questa legge elettoralesarà una tragedia greca

Andrea Tempestini

  Ieri Pier Luigi Bersani ha ufficializzato ciò che già si sapeva ovvero che, per decidere chi candidare al posto di premier  alle elezioni del 2013, nel Pd si terranno le primarie. Da quando lo ha introdotto Veltroni, il rito del voto popolare per legittimare il candidato è diventato la regola. Ma il segretario del Partito democratico, avendo con questo sistema già dovuto sacrificare i suoi candidati e regalare all’estrema sinistra Milano e Genova oltre che Napoli e Palermo  a Di Pietro, ha deciso di fare una furbata. A stabilire chi dovrà correre per Palazzo Chigi non sarà la base del centrosinistra, inteso come coalizione tra Pd, Sel e Idv, ma soltanto quella del suo partito. Insomma, quelle di Bersani sono primarie finte, fatte su misura per incoronarlo candidato alla presidenza del Consiglio, in barba a tutti i guastafeste tipo il sindaco di Firenze Matteo Renzi. Anche il Pdl sembra orientarsi verso le primarie. Ieri ne ha parlato Angelino Alfano, il quale - dopo aver confermato che Berlusconi resta il leader del Popolo della libertà -  ha lasciato trapelare che il candidato premier del suo partito sarà scelto attraverso un voto popolare, prima ancora che si sia deciso quale sarà il perimetro della coalizione di centrodestra, cioè quando ancora non si saprà se il Pdl sarà alleato con la Lega, con l’Udc o con chi altro. Naturalmente comprendiamo l’urgenza dei due principali partiti parlamentari di trovare un leader da presentare agli elettori. E ancor più ci è chiara l’ansia di arrivare all’appuntamento elettorale con un’immagine nuova, o, almeno, rinnovata. Ciò nonostante a noi sembra che questo agitarsi per le primarie sia del tutto inutile. Non sarà con quelle, infatti, che Pd e Pdl si salveranno e per rendersene conto non serve un esperto di marketing politico o uno stratega elettorale:  è sufficiente armarsi di una calcolatrice e di un po’ di pazienza. Sono i numeri infatti a far capire che, se non si vuole finire male, non servono le primarie ma le riforme, a cominciare da quella elettorale. Il nostro Franco Bechis ieri si è divertito a calcolare come sarebbe il Parlamento se si votasse con l’attuale legge, il cosiddetto Porcellum. Come base di partenza il vicedirettore di Libero ha preso l’ultimo sondaggio presentato da Enrico Mentana su La7 e da quei dati ha ricavato il numero di seggi che verrebbero conquistati da ciascun partito. In pratica, utilizzando le intenzioni di voto rilevate, ne vien fuori che vincerebbe la coalizione di centrosinistra, la quale conquisterebbe alla Camera ben 340 posti. Fin qui niente di nuovo: il premio di maggioranza dà un solido vantaggio a chi è in testa, mentre gli altri si devono dividere ciò che resta. Tuttavia è proprio questo il punto. A vincere non sarebbe il Pd, che si vedrebbe premiato con soli 14 seggi in più di quelli attuali, ma Sel e l’Idv i quali disporrebbero di 56 parlamentari a testa, cui si sommerebbero i 15 radicali. Il partito di Bersani dunque avrebbe 213 deputati, mentre il resto della coalizione ne controllerebbe 127. In poche parole, risulta chiaro che Bersani e compagni sarebbero ostaggio dei propri alleati. Vendola avrebbe un potere di veto assoluto e non meglio andrebbe con Di Pietro. Ancor più della precedente legislatura, quando Prodi fu costretto a gettare la spugna, il Pd sarebbe ricattato dai compagni di strada, con la certezza di non poter governare. Ancor peggio, però, potrebbe succedere in campo avverso. Il Pdl infatti sarebbe costretto a dividere i banchi d’opposizione con altri soggetti, alcuni dei quali fino a ieri non erano rappresentati in Parlamento. Secondo Bechis, calcolare come sarà composta la minoranza non è difficile, basta usare i soliti sondaggi. In pratica il Pdl perderebbe due terzi dei suoi deputati, passando da 210 a 80. La Lega in proporzione ne sacrificherebbe altrettanti, passando da 59  a 25. Futuro e Libertà conterebbe quanto i radicali: 15 seggi; l’Udc invece limiterebbe i danni a meno 3 onorevoli. Al contrario, l’unico che spopolerebbe sarebbe Grillo, il quale con il suo Cinque stelle conquisterebbe 104 seggi, diventando di fatto il secondo partito italiano e, immaginiamo, una volta seduto nell’emiciclo, il vero oppositore al governo Bersani. Insomma, guardando i dati elaborati da Bechis si capisce una cosa soltanto: ossia che il centrosinistra probabilmente vincerà le prossime elezioni, ma una volta conquistato Palazzo Chigi non sarà in grado di governare. Il Partito democratico sarà schiacciato dagli alleati e il Pdl lo sarà da Grillo, il quale ruberà la scena a chiunque stia all’opposizione. In queste condizioni guidare il Paese non solo non sarà facile, ma sarà impossibile. Vogliamo dire che prima di pensare alle primarie, destra e sinistra dovrebbero mettersi d’accordo su una legge elettorale che consenta a chi vince di governare l’Italia, altrimenti rischiano la fine. Da qui al giorno del voto manca ancora qualche mese: pochi se si voterà in autunno, sufficienti se si arriverà all’anno prossimo. Dunque, Bersani e Alfano non stiano a discutere di massimi sistemi e di candidature. Vadano al sodo e cambino le regole. O trovano un’intesa o sono spacciati. E noi italiani con loro.  di Maurizio Belpietro