L'editoriale

Adesso tirate fuori tutti i Fiorito d'Italia

Andrea Tempestini

  di Maurizio Belpietro Ma quanti sono i Fiorito in Italia? Quante sono le persone che vivono di politica e usano la politica per  arricchirsi, comprare case, andare in vacanza e riempirsi la pancia di ostriche e champagne come faceva il capogruppo Pdl della regione Lazio? Quanti sono insomma quelli che fanno una vita extra large a spese dei contribuenti? Ma soprattutto, quanto ci costano questi signori? Già a noi sembrava che gli stipendi che si erano assegnati fossero smisuratamente al di sopra della media e vergognosamente superiori all’impegno lavorativo richiesto, ma giorno dopo giorno scopriamo che è anche peggio di quanto immaginavamo. I consiglieri regionali non guadagnano 15 mila euro al mese, più l’auto blu, il telefonino pagato e la pensione garantita anche dopo un solo mandato. I fortunati vincitori della lotteria regionale possono arrivare a mettersi in tasca anche 52 mila euro netti o, come spiega il nostro Franco Bechis qui a fianco, anche di più . Lo ha raccontato senza un minimo imbarazzo lo stesso Franco Fiorito, ai magistrati che giovedì lo hanno interrogato a proposito dei soldi spariti del Pdl. «Tra stipendio base, indennità e diaria arrivo a 31 mila euro al mese. Netti? Sì, netti. Poi c’erano i 21 mila netti che percepivo per il funzionamento del gruppo». Normale no? Uno viene eletto consigliere regionale e già deve ringraziare la Madonna per la fortuna che gli è piovuta dal cielo, che ammonta a 15 mila 290 euro. Ma poi, se gli capita in grazia di essere nominato capogruppo, riceve un’altra montagna di denaro: 8 mila per l’esattezza. Nel caso diventi presidente di una commissione la ruota della fortuna distribuisce un altro dono e si aggiungono 8 mila netti. Però, fare il responsabile di una squadra di diciassette consiglieri, tutti a caccia di soldi e prebende, è pesante. Come ha spiegato Fiorito ti tirano per la giacchetta e per il portafogli e la vita si fa dura: dunque la regione ricompensa il malcapitato con altri 21 mila euro. Sempre netti, ovvio:  le tasse sono a carico dei contribuenti, non di chi li amministra. Si arriva così a 52 mila euro. Che sono tantissimi anche se uno se li guadagna mettendoci del suo, rischiando e investendo il proprio denaro, lavorando in un’azienda o in una bottega. Ma seppure tantissimi sono suoi, frutto del suo lavoro e del suo sudore. Nel caso in questione, quello di Fiorito, invece sono nostri, cioè di tutti quelli che pagano le imposte.  L’ex capogruppo del Pdl per organizzare 17 consiglieri, andare a cena con la sua corrente e i suoi portaborse, sedere sulla poltrona di presidente della commissione Bilancio, quella cioè che sovrintende alla cassa regionale, si pappava una fetta enorme delle imposte versate dai contribuenti. La domanda qui non è solo come Fiorito sia arrivato a ricoprire incarichi di tale importanza e come abbia fatto a far sparire centinaia di migliaia di euro senza che nessuno se ne accorgesse. La domanda è come sia possibile che un politico arrivi a guadagnare così tanti soldi. Qui non c’entrano destra o sinistra, perché tutti - oltre ai 15 mila euro - se sono capogruppo o presidenti di commissione ricevono 31 mila euro netti. Fiorito sarà forse anche un furbo che si è approfittato dei regolamenti. Tuttavia se la tariffa che di regola è liquidata dalla Regione a chi occupa una poltrona è 8 mila euro  significa che molti altri esponenti di partiti della maggioranza e dell’opposizione hanno goduto del Bengodi senza denunciarlo.  Magari non rubavano, ma legalmente se la spassavano. Ripeto dunque la domanda. Quanti sono i Fiorito in Italia? Quanti nei consigli regionali si sono fatti nel tempo leggi su misura per gonfiarsi il portafogli e le tasche? Probabilmente l’ex capogruppo Pdl nel Lazio rappresenta la degenerazione di un sistema, il testimonial sguaiato di una politica arrogante e sprecona. Ma resta il fatto che il sistema esiste e non si limita a Franco Fiorito. Nel passato abbiamo visto sindaci che andavano in vacanza con l’amante usando la carta di credito del Comune, e assessori che caricavano sulla nota spese della regione le nottate di passione. Episodi che hanno fatto gridare allo scandalo. Eppure il vero scandalo è il meccanismo che distribuisce soldi a palate e non chiede neppure il rendiconto. Un meccanismo che riguarda tutti i livelli: Comune, Regione e Parlamento.  Perché sono possibili fatti come quelli che abbiamo raccontato in questi giorni? Perché l’amministrazione pubblica eroga ai partiti soldi dei cittadini senza chiedere nulla in cambio, senza pretendere un giustificativo né esercitare un controllo. In tal modo, agli italiani, cioè a coloro che pagano il conto della politica, è negata la possibilità di verificare dove vanno a finire le loro tasse, per sapere se sono impiegate bene oppure vanno a puttane. Solo la trasparenza eviterebbe questa vendemmia quotidiana di denaro pubblico. Solo se ogni spesa fosse accessibile al cittadino sapremmo le magagne di chi ci amministra prima che diventino voragini. Ma la trasparenza, il controllo sui conti della pubblica amministrazione e dei politici, è proprio ciò che la Casta non vuole. Perché sa che sarebbe la sua fine.