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Berlusconi, adesso deciditi

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Il Cavaliere ha saputo più volte risollevarsi quando tutti lo davano per morto. Ora però deve scegliere: o corre o lascia, o si riprende il partito o ne fonda un altro. Ma deve farlo senza perdere più tempo

Andrea Tempestini
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  Silvio Berlusconi è un combattente, un uomo che anche nelle peggiori condizioni non si arrende ed è capace di risollevarsi. Quante volte è stato dato per finito? La prima fu nel 1994, quando era appena entrato in politica, ma contro tutti i pronostici riuscì a sconfiggere la gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto. Gli ex compagni del Pci lo diedero per morto anche nel 1996, quando fu battuto per la prima volta da Romano Prodi. All'epoca perfino i suoi alleati, Fini e Casini, si erano convinti che la sua stagione politica fosse conclusa, ritenendo che il Cavaliere non sarebbe riuscito a sopravvivere a cinque anni di opposizione. E infatti si prepararono ad occuparne il posto. Tuttavia, contro ogni previsione, Berlusconi seppe tener unite le sue truppe e nel 2001 tornò vittorioso a Palazzo Chigi, dove rimase ben cinque anni, periodo lunghissimo mai riuscito a nessun altro prima di lui. Forse per questo, ma più probabilmente per lo sfilacciamento della sua coalizione, nel 2006 fu considerato un'altra volta spacciato, quando per poche migliaia di voti venne mandato a casa da Romano Prodi. Per lui sembrava pronto il ribaltone dei soliti Fini e Casini, ma invece anche in quel frangente fu lui a ribaltare il tavolo  della casa delle libertà e due anni dopo a rivincere. Abbiamo fatto il lungo elenco di vittorie e sconfitte,  per dire che anche quando appare nella polvere, quando nessuno è pronto a scommettere un soldo bucato su di lui, il Cavaliere è sempre una sorpresa, perché il suo fiuto politico e la sua caparbietà hanno la meglio su qualsiasi previsione, anche la peggiore. Dunque non ci stupisce che dopo la sua uscita di scena nel novembre dello scorso anno Berlusconi non si dia per vinto e voglia risorgere. Anzi, diciamo che, conoscendolo, un po' ce lo aspettavamo. Uno come lui non si rassegna a congedarsi dalla politica tra una folla di avversari politici che ne reclama le dimissioni. Uno come lui non se ne va dalla porta di servizio come accadde un anno fa. Berlusconi è Berlusconi. È l'uomo delle imprese impossibili. Il leader del predellino e anche quando sembra con le spalle al muro non getta la spugna. Che si rassegnasse a una tranquilla vecchiaia, alle passeggiate con i nipotini o alle serate con le soubrette, era per noi cosa inimmaginabile. L'idea che dopo una stagione così intensa che lo ha portato alla creazione del più grande polo moderato che mai sia esistito in questo paese, si dedicasse al giardinaggio, faceva sorridere tutti noi che lo conosciamo bene. Il discorso di ieri sul Pdl e sui suoi futuri impegni, la possibilità quindi di una sua ridiscesa in campo, se non erano nelle cose erano certamente tra quelle possibili, perché Berlusconi non lascia mai, piuttosto raddoppia. Ciò detto, bisogna però dire due parole a proposito della mezza promessa fatta ieri dall'ex premier. Ormai mancano pochi mesi alle elezioni, meno di quattro  per  essere precisi, ma considerando che c'è di mezzo il Natale sono tre scarsi. È vero che quasi vent'anni fa, quando decise di scendere in campo, Il Cavaliere non ne ebbe a disposizione molti di più, ma erano altri tempi. La prima Repubblica era appena crollata e Berlusconi rappresentava la speranza di una seconda che fosse migliore della prima. È vero, ebbe pochi mesi a disposizione per convincere gli italiani a votarlo, ma la voglia di cambiamento era irresistibile. E infatti gli italiani non resistettero e lo votarono, lui e l'esercito di sconosciuti che si portava dietro. Oggi non è più così. Gli elettori sono delusi, spaventati dalla crisi economica e la voglia di cambiare, il sogno di un'Italia migliore, si rivolge altrove, perché l'offerta politica è diversa e più ricca. Non vogliamo dire che Berlusconi sia passato di moda, diciamo soltanto che nonostante la sua determinazione e la sua forza, oggi rialzarsi è difficile. Lo è ancor più se le strategie di riscossa non sono chiare, se ogni giorno si fa un passo avanti e due indietro. Da mesi assistiamo a un balletto di dichiarazioni su progetti e propositi che poi non si realizzano. Le primarie, i volti nuovi, la lista degli imprenditori, la candidatura di Alfano a premier e poi la ricandidatura dello stesso Berlusconi. Intendiamoci: sono tutte idee che hanno fondamento e che forse potrebbero incontrare l'interesse di chi vota. Ma se il giorno dopo vengono regolarmente smentite, pur avendo fondamento non hanno più alcuna credibilità. Lo ripetiamo: mancano tre mesi al voto e in tre mesi è difficile convincere qualcuno a votare se non si hanno idee chiare. Berlusconi non è più convinto della scelta di Angelino Alfano e pensa di doversi riprendere il posto di segretario del partito? Bene, lo dica e agisca di conseguenza. Pensa che il Pdl sia ormai un partito morto e bisognerebbe fondarne un altro, ma senza La Russa e  Cicchitto e gli altri colonnelli? Ok, lo faccia. Crede che sia meglio dar vita a tante liste guidate da personaggi che hanno visibilità nel loro settore? D'accordo, proceda. Insomma, noi comprendiamo che il Cavaliere non sia soddisfatto di un partito dove ci sono le correnti e le decisioni si pesano con il bilancino. Capiamo anche che lui  sia avanti un chilometro rispetto a tutti quelli che gli stanno intorno. Ciò nonostante non c'è più tempo da perdere in lunghe discussioni e, soprattutto, in un tira e molla infinito. Se non gli vanno bene le primarie, le cancelli e si candidi. Se non crede più nel Pdl lo liquidi. Se non vuole Alfano lo sostituisca. L'unica cosa che Berlusconi non può fare è cambiare parere. Non è da lui. Non è da uomo che sa dove va. Gli elettori in tutti questi lunghi anni gli sono stati fedeli perché la sua linea era chiara e non aveva tentennamenti. Ora gran parte del suo popolo, del popolo di centro destra, è confuso e non sa dove andare. Prima che vada con Grillo o Montezemolo urge dunque un chiarimento. Berlusconi decida per sé e per il partito e poi lo dica. Ma si ricordi: i tempi sono stretti e un capo ha il dovere di indicare la linea, non di dire quella che non gli piace. di Maurizio Belpietro  

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