L'editoriale

BMV già in panne. Ve li immaginate questi al potere?

Nicoletta Orlandi Posti

di Maurizio Belpietro Pronti via: neanche il tempo di cominciare e già nella coalizione che si candida a guidare il Paese se le suonano di santa ragione. Dopo aver letto dell’asse Roma-Berlino, cioè del patto raggiunto fra Monti e Bersani  sotto l’occhio compiaciuto di Angela Merkel, a Nichi Vendola, che fino a ieri aveva tenuto un profilo basso per non spaventare i mercati e non darla vinta a chi lo indica come un pericolo per la stabilità finanziaria nazionale, sono saltati i nervi. Sentendosi escluso dall’intesa fra il presidente del Consiglio e il segretario del Pd, il leader di Sinistra ecologia e libertà ha alzato la voce, minacciando di mandare in frantumi l’alleanza con il Partito democratico prima ancora che questa veda la luce. Il governatore della Puglia minaccia perché si sente minacciato, in quanto teme che un accordo di Monti e Bersani alle sue spalle serva a dare a lui e ai suoi compagni una sonora fregatura.  Invece di essere decisivi per la futura maggioranza, gli eletti di Sel sarebbero messi in ombra da quelli del professore, spostando in tal modo il baricentro del futuro governo.  Tuttavia, a prescindere dalle preoccupazioni di Vendola e dai tentativi di inciucio fra il segretario Pd e il presidente del Consiglio, ciò che risulta evidente è l’incompatibilità fra alleati o aspiranti tali. I tre protagonisti dell’ammucchiata faticano a stare insieme ora che non hanno alcun vincolo di governo, immaginatevi cosa potrebbe succedere dopo, nella sciagurata ipotesi di una vittoria della sinistra e del centro. Vendola, Fassina, Bersani, Monti e il resto della compagnia destinata a far parte dell’esecutivo Brancaleone finirebbero per pizzicarsi in continuazione, passando da una lite all’altra. I troppi galli nel pollaio porterebbero a una conclusione anticipata della legislatura, esattamente come è accaduto in passato in quella in cui fu eletto Romano Prodi. E a proposito del professor Mortadella, uno che se ne intende come Pier Ferdinando Casini è pronto a scommettere che, se vince la sinistra, l’ex presidente del Consiglio in quota Ulivo sarà il nuovo capo dello Stato. Avendo fatto il numero uno della Ue ed essendo in  contatto con grandi banche d’affari tipo Goldman Sachs e con i governi di diversi Paesi, non ultima la Cina, il premier disarcionato nel 2008 verrebbe usato come biglietto da visita da esibire in Europa e in giro per il mondo, in modo da tener buoni gli investitori. Ora, provate a pensare alla situazione in cui rischiamo di trovarci in capo a pochi mesi se il centrodestra non ferma l’avanzata progressista.  A Palazzo Chigi avremmo Pier Luigi Bersani, agli esteri D’Alema, Veltroni alla cultura, mentre a Vendola toccherebbero le Pari opportunità, la delega per la famiglia e probabilmente  il Welfare,  Fassina farebbe il ministro dell’Economia o del Lavoro e, per completare l’opera, ci ritroveremmo pure Prodi al Quirinale. È vero che una simile combriccola durerebbe lo spazio di qualche mese, ma purtroppo, anche se il governo cadesse e fossimo costretti a tornare alle elezioni, Mortadella ci rimarrebbe in groppa per almeno sette anni: una prospettiva che potrebbe perfino farci rimpiangere Giorgio Napolitano. Senza contare come reagirebbero le Borse e gli investitori: altro che quello spaventapasseri di Berlusconi con le sue proposte su Imu e condono. Con un esecutivo in rosso e un altro rosso antico sul Colle, i nostri titoli di Stato finirebbero sull’ottovolante. Le reazioni dei mercati, che ieri - commentando le notizie riguardanti l’intesa fra Monti e Bersani - la Repubblica giudicava positive, ci manderebbero in breve a gambe all’aria. Se ci ritrovassimo nelle mani della sinistra, vedremmo infatti i fuochi d’artificio e per i risparmiatori non sarebbe un bello spettacolo. E nemmeno per i contribuenti. Un assaggio di quel che può accadere lo si è avuto ieri. Mentre il quotidiano diretto da Ezio Mauro salutava la risalita delle Borse come un omaggio all’accordo centro-sinistra, Vendola spaventava i listini e gli indici tornavano giù. Tuttavia vedrete che i giornali progressisti la colpa la daranno di nuovo al solito Cavaliere.