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Ora Renzi vuole le elezioni. L'editoriale di Maurizio Belpietro

Maurizio Belpietro
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Nel magico mondo di Matteo Renzi c' è qualche cosa che non fila nel verso giusto. Non si tratta della legge sulle unioni civili, che ha subìto un brutto stop a causa della decisione del Movimento Cinque Stelle di non votare l' emendamento canguro che avrebbe impedito la discussione in Senato della cosiddetta Cirinnà. No, c' è qualcosa di più concreto e profondo dell' incidente sulla legge pro-gay. A non girare nella direzione voluta dal presidente del Consiglio è l' economia, ossia l' occupazione, il debito pubblico, il Pil e così via. Nonostante il premier si trastulli in conferenza stampa con le slide, autocelebrando i suoi primi due anni a Palazzo Chigi, gli indicatori sono meno buoni di quel che sembrano. Tanto per cominciare il Prodotto interno lordo, che secondo il capo del governo nel 2015 avrebbe raggiunto e forse superato l' uno per cento. In realtà si è fermato allo 0,6, ma non è tanto la percentuale da prefisso telefonico che preoccupa, bensì il fatto che a quello zero virgola si è arrivati a marcia indietro: 0,4 nel primo trimestre, 0,3 nel secondo e così via fino allo 0,1 del quarto. Più che all' accelerata pronosticata da Renzi siamo alla frenata. Se poi si considera che quasi tutti gli altri paesi europei hanno fatto meglio di noi, si capisce che abbiamo un problema. Del resto, difficile che il Pil possa crescere se la produzione industriale diminuisce. Basta guardare le slide dell' Istat, non quelle di Palazzo Chigi, e ce ne si renderà conto. Il 2015 si è chiuso con una produzione industriale più bassa rispetto a quella del dicembre 2014. E nonostante tutti i rallegramenti via Twitter non molto meglio va il mercato del lavoro. A fronte di un Renzi che festeggia per i quasi 800 mila nuovi contratti di lavoro registrati dall' Inps, c' è una slide del solito Istat che certifica come i posti di lavoro nel 2015 siano cresciuti di sole 110 mila unità, da 22 milioni 360 mila occupati a 22 milioni 470 mila. Clicca qui, acquista una copia di Libero e leggi l'editoriale di Maurizio Belpietro

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