Cerca
Logo
Cerca
+

Berlusconi è accerchiato

default_image

L'avevamo detto: l'assedio dei giudici all'ex premier punta alla sua prima condanna definitiva che ne segnerebbe la fine politica. Poi liberi tutti di cambiare casacca

Lucia Esposito
  • a
  • a
  • a

di Maurizio Belpietro Neanche il tempo di fare una profezia che zac, subito si avvera. Ieri infatti scrivevamo dello scenario che si va prospettando: un governo che tira a campare, con una maggioranza zoppa, in attesa che fiocchi una bella condanna definitiva per mettere una pietra sopra alla carriera politica di Silvio Berlusconi. Dopo di che, liberi tutti di cambiar casacca, soprattutto tra gli orfani di centrodestra, e di sostenere un governo di unità nazionale con guida a sinistra. La sentenza conclusiva pronosticata non è ancora giunta ma è solo  questione di tempo. Nel frattempo le toghe fanno il girotondo intorno al Cavaliere come tanti squali intorno a un naufrago nell'oceano.  È di martedì la condanna di Valter Lavitola a 2 anni e 8 mesi per estorsione nei confronti dell'ex presidente del Consiglio e la notizia del probabile giudizio immediato per l'ex senatore Sergio De Gregorio, un tipo che si sarebbe venduto per un pacco di soldi. Due faccende che hanno entrambe per protagonista, o meglio: nel mirino, Berlusconi. Ma ecco ieri spuntare un'altra inchiesta a Roma, anche questa volta riguardo a due onorevoli dell'Italia dei valori transitati da sinistra verso destra. Antonio Razzi  e Domenico Scilipoti, su sollecitazione di Antonio Di Pietro, ritornato per un giorno accusatore, sarebbero oggetto delle indagini dalla Procura della Capitale. Reato ipotizzato: corruzione. E il corruttore, manco a dirlo, vedrete che sarà sempre il Cavaliere, così come si ipotizza a Napoli. Certo, non siamo ancora alla sentenza definitiva, ma il cerchio si stringe ogni giorno di più. A Milano stanno arrivando al pettine i nodi del processo Ruby e quelli del procedimento che riguarda i diritti Mediaset. A Napoli c'è De Gregorio, a Roma Scilipoti e Razzi, a Bari Tarantini, a Palermo si potrebbe riesumare qualcosa inerente le stragi e quasi ci siamo. Mancano solo Firenze, Venezia e Torino e poi avremo realizzato l'unità d'Italia delle Procure che indagano su Berlusconi. Intendiamoci: non vogliamo assolutamente dire che i magistrati siano pregiudizialmente anti Cavaliere o che nel perseguire il leader del centrodestra siano un po' strabici o abbiano intenzioni politiche. Lungi da noi: non vorremmo fare la fine dei colleghi Mario Cervi e Salvatore Scarpino che ieri sono stati condannati a risarcire Ilda Boccassini con 100 mila euro sonanti per aver scritto che i pm erano contro il fondatore di Forza Italia. I pm sono super partes, ma sono le conseguenze politiche dei procedimenti che pesano su una parte. Sta di fatto che, appena superate le elezioni e fermata l'avanzata di Pier Luigi Bersani verso Palazzo Chigi, il Cavaliere si trova davanti un plotone d'esecuzione giudiziario. Una raffica di processi, alcuni già in fase avanzata e al secondo grado, altri agli inizi, come quello che riguarda De Gregorio, ma che filano dritti come un Frecciarossa, senza sosta ad alcuna stazione, tanto che a Napoli hanno respinto l'ipotesi di un legittimo impedimento che consentisse di rinviare l'interrogatorio di Berlusconi. Non vorremmo sembrare fissati, ma noi sentiamo un tintinnìo di manette piuttosto insistente e la vicenda dei deputati comprati nella passata legislatura ci pare l'ultimo rintocco della campanella giudiziaria. Lo abbiamo già scritto: nel passato sono transitate da un lato all'altro del Parlamento mandrie di onorevoli. Alcuni furono subito nominati ministri o sottosegretari in un governo di centro sinistra, ma nessuno accertò né il voto di scambio né la corruzione: si vede che la dazione di una poltrona non è configurata come reato. Per la verità a Roma, fino a qualche anno fa, neppure il finanziamento era considerato illecito. Al punto che i radicali, dopo aver stipulato un contratto sempre con il Cavaliere per un po' di soldi in cambio dell'accordo con il Polo delle libertà, si rivolsero al tribunale per vedersi liquidati e i giudici  dettero loro ragione, riconoscendo la legittimità dell'intesa e obbligando il centrodestra a pagare.  Ma la giurisprudenza si aggiorna e si evolve e oggi presenta il conto a Berlusconi sotto forma di probabili prossime condanne. Che ne sarà a questo punto del leader del Pdl e del suo partito? Se davvero fosse colpito da una pena detentiva e dall'interdizione dei pubblici uffici, che ne sarà di lui e del Popolo della libertà? Il primo finirà in esilio come Craxi oppure si farà incarcerare? Il secondo resterà compatto o avverrà l'esodo biblico verso la terra promessa? Ieri sul Sole 24 Ore Stefano Folli accostava il nome di Bersani a quello di Mosé, descrivendo il compagno segretario come la guida nel deserto del popolo rosso.  Ma, a proposito di paragoni biblici, non vorremmo che la nascita del nuovo governo prevedesse un agnello sacrificale di nome Silvio. 

Dai blog