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La sinistra spera nel delitto perfetto

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Tra pochi mesi Berlusconi potrebbe essere interdetto dai pubblici uffici: addio Parlamento. Bersani chiude al Pdl perché, senza il Cav, il Pd sarà favorito alle urne. Ma sottovaluta la reazione dei moderati

Giulio Bucchi
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  di Maurizio Belpietro È il delitto perfetto. Non c'è bisogno di battere Silvio Berlusconi nell'urna: è sufficiente sconfiggerlo in tribunale. Una sentenza di condanna con l'interdizione dai pubblici uffici e il gioco è fatto. Il Cavaliere diventa incandidabile per cinque anni. Stop: la sua carriera politica è finita per sempre. Di più: se resta fuori dal Parlamento, alla prima occasione lo si può arrestare, perché non più protetto dall'immunità offertagli dalla carica di rappresentante del popolo. Sono queste le conseguenze di quanto sta accadendo negli ultimi giorni. Accusa dopo accusa, i processi viaggiano spediti verso la sua decapitazione. Prima la sentenza che lo riconosce colpevole di concorso in rivelazioni di segreto istruttorio: un anno senza condizionale. Poi il processo Ruby, arrivato alle  ultime battute, con un'altra condanna sulla rampa di lancio. Infine, il giudizio chiave, quello Mediaset, per i diritti tv. In primo grado i giudici hanno inflitto a Berlusconi una pena superiore a quella invocata dal pubblico ministero: quattro anni di carcere più cinque anni lontano dai pubblici uffici, senza cioè poter diventare parlamentare e neppure consigliere di quartiere. Secondo il tribunale, il Cavaliere aveva messo insieme un complesso sistema per evadere le tasse. Lui replica: ma se ne pago ogni anno quasi 600 milioni, 6 miliardi negli ultimi vent'anni, che senso ha evaderne tre milioni con la possibilità di essere beccati? Chi è così stupido da rischiare una condanna e anche la reputazione per risparmiare pochi milioni quando versa miliardi? Sta di fatto che il giudizio d'appello è alle battute finali. Ieri avrebbe dovuto esserci l'arringa difensiva di Niccolò Ghedini, ma il Cavaliere era in ospedale e il legale ha invocato il legittimo impedimento, così come era accaduto il giorno prima al processo Ruby. Ma qui, a differenza di quanto accaduto nell'altra aula del Palazzaccio, il collegio invece di accogliere la richiesta ha deciso per la visita fiscale. Come per un qualsiasi lavoratore che marca visita, i giudici hanno trovato al volo un medico e lo hanno spedito a controllare le condizioni di salute di Berlusconi. Risultato: l'ex premier è sì malato, ma non è intrasportabile, dunque il dibattimento può procedere senza intoppi. Anzi di gran carriera, perché se si fa in fretta, la sentenza può arrivare in poche settimane o, addirittura, in pochi giorni. Ancora ci si ricorda il 26 ottobre dello scorso anno, quando arrivò la condanna di primo grado. La sorpresa non fu nella pena, ancorché aumentata rispetto a quella richiesta dai pm, ma nel deposito contestuale delle motivazioni. Di solito la giustizia se la prende comoda. Prima emette il dispositivo, poi lo spiega. Tra l'una e l'altra cosa trascorrono mesi se non di più. In quel caso invece non si perse neppure un minuto. Neanche il tempo di affibbiargli quattro anni, che il Cavaliere si vide trascinato dinanzi alla Corte d'appello, per il giudizio di secondo grado. E dunque eccoci qua, alla visita fiscale, cui seguirà una rapida sentenza.  Insomma, la giustizia va di fretta, perché nel 2014 le accuse e la presunta frode rischiano la prescrizione. Ma se l'appello si conclude in primavera, si può far con comodo anche la sentenza in Cassazione, magari già entro il 2013. In meno di dodici mesi sarebbe dunque liquidata una storia politica ventennale. Berlusconi dovrebbe lasciare il Parlamento e probabilmente anche l'Italia, finendo i suoi giorni come Bettino Craxi, cioè in esilio.  La liquidazione dell'uomo che dal 1994 ad oggi ha rappresentato i moderati nel nostro Paese si intreccia naturalmente con quello che sta avvenendo in politica. Ancora una volta alle ultime elezioni il Cavaliere ha fermato la sinistra, impedendole di vincere le elezioni, e Bersani, che la rappresenta, nonostante la retrocessione in B del nostro debito pubblico, invece di fare un governo di unità nazionale, sta pensando di portare l'Italia verso un esecutivo di minoranza o a nuove elezioni. A tutta prima, il suo sembrava un azzardo dei peggiori. Un gioco pericoloso sulla pelle degli italiani, i quali di tutto hanno bisogno in questo momento, tranne che di rischiare i propri risparmi e il proprio futuro con una guida debole in un momento in cui le preoccupazioni sono forti. Ma se le cose giudiziarie di Berlusconi andranno come tutto lascia pensare, cioè con condanna e relativa estromissione dalla vita politica, il segretario del Pd non rischia e va sul velluto. Una volta sbarazzatosi del leader del centrodestra, il segretario del Pd può fare tutto, anche ritornare alle elezioni per giocare una partita contro una squadra costretta a gareggiare senza portiere in porta. Dietro la cocciutaggine con cui Bersani persegue il suo disegno di chiusura al Pdl nella formazione del nuovo governo, contro i numeri e il buon senso, c'è del calcolo. E si basa tutto su quel che accadrà al Cavaliere nei prossimi mesi. Ecco perché il delitto è perfetto. Fatto fuori Berlusconi, tuttavia, la sinistra non ha la strada spianata verso Palazzo Chigi. L'unico elemento che il segretario del Pd non ha calcolato è però come reagiranno i moderati e soprattutto cosa voteranno. Si ricordi di Parma. Allora, il Pd era avanti e il Pdl praticamente scomparso. Ma al secondo turno i moderati piuttosto che darla vinta ai compagni, a Parma votarono Pizzarotti, lo sconosciuto tecnico informatico che guidava la lista di Grillo. In che modo è finita si sa. E per capire come finirà l'offensiva contro Berlusconi ormai manca poco.     

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