L'editoriale

Giordano: Assumiamo esperti che ci insegnano a spendere soldi

Lucia Esposito

Questa è bella: per spendere i fondi Ue abbiamo bisogno di assumere 120 persone. Gli oltre 3 milioni di dipendenti pubblici (e i quasi 500mila che lavorano negli enti locali) non bastano, evidentemente. Proprio non ce la fanno. E pensare che il compito a prima vista non apparirebbe  troppo gravoso, e neppure troppo difficile: basta allungare la mano, afferrare il denaro e portarlo a casa. Si tratta di quattrini già stanziati, pronto cassa, immediatamente spendibili.  Eppure niente: loro, a spenderli, non ci riescono. Hanno bisogno d’aiuto, poveretti. Hanno bisogno dell’intervento di 120 super consulenti. I professionisti della spesa. I personal shopper della pubblica amministrazione. Pagati da noi, s’intende.  È un po’ come se una moglie, prima di andare al supermercato, chiedesse soccorso al marito: «Devo  acquistare il detersivo, mi fai assistere dal commercialista che se no non ci riesco?». Oppure: «Devo scegliere fra spaghetti e fusilli, ma aiuto, senza il parere del nostro avvocato rischio il flop». Messa così, è ovvio, fa un po’ ridere. E invece sta scritta nero su bianco, su carta intestata Repubblica italiana, nel disegno di legge sul pubblico impiego varato l’altro ieri dal Consiglio dei ministri.  Proprio così: i nuovi esperti formeranno l’«agenzia di coesione sociale» che avrà il compito di spendere i soldi europei. «In campo 120 super professionisti per non sprecare un euro», scrive Italia Oggi nel presentare l’iniziativa. Dal che si deduce che evidentemente tutti coloro che hanno gestito finora la pratica, al contrario, hanno sprecato  senza ritegno. Persino con spudorata allegria. Non che lo scialo fosse ignoto, per la verità. I fondi Ue destinati all’Italia, si sa,  in genere prendono due possibili destinazioni: o  restano inutilizzati o vengono scialati. Tertium, purtroppo, non datur (se non in minima parte). Dei 49,5 miliardi stanziati per il periodo 2007-2015 a tutt’oggi ne sono stati utilizzati meno del 40 per cento (36 per cento al Sud): ciò significa che ci sono 30 miliardi lì sul piatto, a nostra disposizione, che potrebbero  essere subito investiti, se solo si avesse capacità e intelligenza di presentare progetti adeguati. E invece niente. Abbiamo il patrimonio culturale che cade a pezzi, abbiamo sistemi di infrastrutture che fanno acqua, abbiamo la crisi che ci morde nella pancia, ma noi nulla: quei soldi sembra ci facciano schifo. Ci avviciniamo a loro tanto quanto Paola Binetti si avvicina al festival dei trans. Quei pochi denari che riusciamo ad afferrare, poi, li utilizziamo in modo ridicolo, per finanziare la Sagra del Castrato di Longobucco, o la Festa dell’Uva di Catanzaro o il piano di comunicazione del gemellaggio «Miami Mettes Margherita di Savoia», nel barlettano, roba che tutt’Europa ci ride dietro.  Circa 400 milioni di euro sono stati utilizzati, nel corso degli ultimi anni, per la Salerno-Reggio Calabria: quasi tutti finiti in appalti truccati, come ha dimostrato l’indagine anti-frode di Bruxelles. Un altro fiume di denaro è andato a Pompei: senza grandi risultati, considerati i continui crolli… Che ci fosse la necessità di intervenire, dunque, è sicuro. Resta il dubbio, però, che la modalità sia quella giusta: davvero per ovviare a un evidente deficit della nostra burocrazia bisogna assumere altri burocrati? È vero che viviamo nel Paese in cui quando si tratta di tagliare la spesa pubblica, anziché tagliarla si assumere un commissario per il taglio della spesa pubblica (che mentre studia come tagliarla, la fa aumentare con il suo stipendio). Ed è vero che viviamo nel Paese in cui la Regione Sicilia, preoccupata le troppe consulenze che gravavano sul suo bilancio, ha pensato bene di assumere un consulente incaricato di studiare come ridurre le consulenze. Siamo abituati a tutto, insomma. Ma 120 super esperti per imparare a spendere non sono davvero un po’ troppo anche per noi? O meglio, mettiamola così: se facciamo entrare nella pubblica amministrazione 120 persone incaricate di intascare i fondi europei, di fatto ammettiamo che quelli che ci sono adesso non lo sanno fare. Dunque non servono. Dunque sono inutili. E allora perché, per cominciare, mentre assumiamo quei 120 non ne licenziamo altri 120? Non sarebbe difficile:  si va negli uffici competenti, si controlla. Chi è che non ha saputo svolgere questo compito, che pure è così semplice? Tu, tu e tu? Allora via,  a casa.  E al loro posto entrano i superconsulenti. Ci vuole il turn over, no? Anche perché, altrimenti, con questi metodi rischiamo grosso. Poniamo il caso, infatti,  che nemmeno i 120 riescano a mettere le mani sul gruzzoletto. Che facciamo? Ne assumiamo altri 160 per riuscire a fare quello che non riescono a fare i 3 milioni di dipendenti pubblici e neppure i 120 super consulenti? E se nemmeno i 160 ce le fanno? Che facciamo? Ne assumiamo altri 190 per fare quello che non riescono a fare né i 3 milioni di dipendenti pubblici, né i 120 super consulenti né i 160 super super consulenti? E poi? Avanti di questo passo dove andiamo? Forse un giorno riusciremo così davvero ad arrivare a questi fondi. Ma prima, di sicuro, saremo arrivati a fondo… Mario Giordano