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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Lucia Esposito
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Lo spread torna a salire, mentre la Borsa di Milano scende perdendo in un solo giorno il 3,3 per cento. Il sobrio ufficio propaganda di Palazzo Chigi, lo stesso che si è inventato gli elogi di Obama a Mario Monti anche se il presidente americano non ha neppure citato il nostro premier, ovviamente si è subito premurato di far sapere che la colpa è delle tensioni sulla riforma del mercato del lavoro. Tradotto: se le cose vanno male la responsabilità è da addebitarsi alle forze politiche e alle loro incertezze. Ora, noi con i partiti non siamo mai teneri e riteniamo che, se l'Italia rischia la bancarotta, un contributo determinante sia stato dato proprio da loro, dalle vecchie cariatidi che siedono in Parlamento, le quali nei decenni scorsi non hanno messo a freno la spesa pubblica, riempiendo di raccomandati ogni apparato dello Stato. Ciò detto, il rendimento del Btp che risale e le azioni che vanno giù non sono certo dovuti alle proteste contro le modifiche all'articolo 18 e alle tensioni nella maggioranza. Fosse così ci sarebbe da star tranquilli: in fondo basterebbe rimettere in riga il Partito democratico e le cose sarebbero sistemate. La realtà purtroppo è più complessa ed ha a che fare con la situazione internazionale, ma anche con alcuni problemi strutturali del nostro Paese. Ci spieghiamo. Noi non siamo convinti che nei mesi scorsi lo spread si sia abbassato per effetto della manovra Monti. Il differenziale fra i nostri titoli e quelli tedeschi è calato perché Mario Draghi ha finanziato le banche e queste, anziché usare il denaro per prestarlo alle aziende, si sono comprate i Buoni del Tesoro, contribuendo a stabilizzarne le quotazioni. Non meno importante è stato l'accordo che ha evitato il fallimento della Grecia: grazie ai fondi garantiti dalla Ue anche Atene non fa più paura.   E allora, domanderanno i lettori, perché adesso lo spread risale? La Bce non ha stretto i cordoni della borsa e in zona Partenone nulla è cambiato rispetto a una settimana  fa. Vero, ma le preoccupazioni degli investitori  adesso sono rivolte verso la Spagna, paese che fatica ad accettare la ricetta di lacrime e sangue decisa dal premier Mariano Rajoy. Ieri a Madrid e Barcellona ci sono stati scontri e tafferugli, il trasporto aereo è stato bloccato e gran parte del Paese si è fermata. La sensazione è che si stia ripetendo ciò che è accaduto in Grecia, con proteste d'ogni tipo.  Tuttavia se la Spagna preoccupa, anche l'Italia qualche grattacapo lo dà. Non tanto per la riforma del mercato del lavoro, quanto piuttosto per le fosche previsioni sulla ripresa dell'economia. Ieri il ministro dello Sviluppo Corrado Passera ha annunciato che la recessione durerà tutto il 2012 e i primi dati sull'inizio dell'anno fanno ritenere che sarà peggio del previsto. Al punto che dopo tante considerazioni tranquillizzanti sugli effetti della cura Monti, adesso qualche dubbio tra imprenditori ed economisti inizia a serpeggiare. Soprattutto dopo aver visto un paio di indicatori molto pratici a proposito dell'andamento dei consumi. Entrambi sono stati diffusi nei giorni scorsi e riguardano le sigarette e la benzina. Sulle prime, come è noto, il governo aveva applicato un rincaro, decidendo di aumentare le tasse. Obiettivo: recuperare un po' di soldi per far quadrare i conti. Stessa operazione sulla benzina, la cui accisa era passata da 0,564 euro al litro a 0,7042, anche in questo caso per fare cassa. Passati un paio di mesi si scopre però che per la prima volta in tanti anni gli introiti fiscali diminuiscono. Per le “bionde” del 2,2 per cento nello scorso mese di gennaio, mentre il pieno è calato del 20 per cento, generando minori entrate per lo Stato di circa 3 milioni di euro nel solo mese di febbraio. Proiettato sull'anno, la Faib-confesercenti stima che questo si tradurrà in un taglio della spesa di carburanti per circa 615,5 milioni, con una perdita di accisa  di 404 milioni di euro e di Iva  per altri 177 milioni: totale 581 milioni in meno per le già agonizzanti casse dello Stato. Insomma, a guardare i due indicatori si capisce che sta accadendo ciò che temevamo:  vale a dire che l'elevato carico fiscale invece di garantire allo stato maggiori fondi per far raggiungere il pareggio di bilancio, sta a tal punto deprimendo i consumi da assicurare meno entrate di prima. Se ciò che sta accadendo con sigarette e benzina dovesse ripetersi  anche su altri beni e con altre imposte, rischieremmo in breve di ritrovarci nelle condizioni di fare un'altra manovra per recuperare quattrini. A questo punto, che farà Monti? Metterà nuove tasse che ci spingeranno ancora più giù? O forse si deciderà finalmente a mettere mani alle forbici e tagliare gli sprechi che abbondano in questo Paese? Le domande credo comincino a porsele in molti. In particolare quelli che iniziano a dubitare della cura Monti e dopo l'iniziale entusiasmo si chiedono:  ma non è che di troppa sobrietà si muore? Già, a volte a forza di tirar la cinghia si tirano le cuoia.  di Maurizio Belpietro

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