Cerca
Cerca
+

L'editoriale

default_image

di Maurizio Belpietro

Lucia Esposito
  • a
  • a
  • a

Di motivi per detestare la casta dei partiti ce ne sono molti, ma da ieri ce ne sono almeno due in più. Il primo riguarda lo spreco di cancelleria che si fa a Montecitorio. Da un'inchiesta del quotidiano La Repubblica abbiamo infatti appreso che ogni parlamentare ha in dotazione un chilo di colla e consuma pacchi di risme di carta, al punto che per produrla è necessario disboscare un'intera foresta. La notizia conferma quel che andiamo sostenendo da tempo, ovvero che per ridurre la spesa della politica non bisogna metter mano alle forbici solo per tagliare gli stipendi dei parlamentari, ma bisogna usare la scure su tutto ciò che sta intorno a deputati e senatori. Se si vuole davvero risparmiare non bisogna incidere sull'indennità percepita dai rappresentanti del popolo, ma soprattutto sulla ricca dotazione di cui dispone  chiunque  entri a far parte del cerchio magico di Camera e Senato. Uffici, segretarie, auto blu, carta intestata, colla, barbiere, buvette, mutui su misura a tasso vicino allo zero: la lista dello scialo è lunghissima. E a questo proposito segnaliamo il secondo motivo che può indurre nelle persone normali, che vivono del proprio stipendio e dei propri sacrifici, una discreta incazzatura. Nel numero di ieri di Libero abbiamo svelato l'ultimo trucco degli alti papaveri delle istituzioni per farla franca e salvare i privilegi. Come ricorderete, cari lettori, settimane fa tutti i giornali riportarono la notizia che gli ex presidenti della Camera non avrebbero goduto del trattamento extra lusso su cui hanno potuto contare fino a oggi. Gianfranco Fini ha così potuto pavoneggiarsi come la prima carica dello Stato ad autoridursi il codazzo di segretarie e camerieri a disposizione nel momento in cui avesse lasciato lo scranno più alto di Montecitorio. Una bella figura che è però durata il tempo di una verifica. A una più attenta lettura delle nuove disposizioni, si è infatti capito che il taglio ai privilegi riguardava soltanto due persone: il quasi centenario Pietro Ingrao, che la Camera ormai la frequenta raramente e dunque non pareva interessato a lamentarsi, e Irene Pivetti. Tutti gli altri, a cominciare da Fini, per passare a Fausto Bertinotti, Pier Ferdinando Casini e Luciano Violante, cioè i presidenti degli ultimi 15 anni, al contrario di quanto era stato lasciato intendere, continueranno a godere indisturbati di uffici, autisti, auto blu, commessi e segretarie. La beffa deve aver fatto rimordere la coscienza a qualcuno e ieri, dopo che Libero e pochi altri giornali hanno raccontato del raggiro, Pierferdinando Casini ha diffuso una nota di agenzia in cui annunciava la rinuncia ai privilegi assegnatigli. Basta auto blu, niente ufficio personale con tanto di segretarie e portaborse. Una mossa astuta quella del leader Udc, il quale ovviamente guarda lontano, magari verso il Colle, e non ha nessuna intenzione di passare per quello che se la spassa mentre gli italiani tirano la cinghia. Ma al di là delle aspirazioni per cui il capo centrista ha rinunciato ai comfort di stato, una domanda viene spontanea: e gli altri? Che intenzioni hanno Fausto Bertinotti, Luciano Violante e, in particolare, Gianfranco Fini? Mentre chiedono a contribuenti, lavoratori, commercianti, artigiani e imprenditori di fare sacrifici in nome del bene comune, loro che cosa fanno? Pensano davvero di farla franca e di conservare i benefit mentre tutti gli altri sono costretti a rinunciare al loro reddito o alla loro pensione? A quanto pare, sì: Bertinotti, da buon comunista, ha subito detto che si rimette alle decisioni dell'istituzione, cioè della Camera, che ha già deciso di gratificarlo dei sopraddetti privilegi. Quanto al suo compagno Violante, ha replicato piuttosto stizzito che «siamo alla fiera dell'ipocrisia» e comunque si è riservato di decidere nel 2013, presumibilmente dopo aver visto l'esito delle elezioni. Resta Fini, che per ora tace. L'attuale presidente della Camera siede in Parlamento da almeno 30 anni e per circa 15 ha avuto ruoli di responsabilità, come vicepremier, ministro o ai vertici delle istituzioni. Se questo Paese ha il più alto debito pubblico d'Europa, la colpa non è ovviamente tutta sua, ma un po' anche sua sì. Quando con facilità concedeva aumenti di stipendio agli statali per coccolare il proprio elettorato, forse non pensava di allargare la voragine, ma in realtà è proprio ciò che ha fatto. Dunque, si metta una mano al cuore o, per meglio dire, al portafogli e, se vuole autisti e portaborse, quando lascerà l'incarico se li paghi da sé. di Maurizio Belpietro

Dai blog