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Brasile, il caso di Veronica Bolina: il transessuale torturato dai poliziotti?

Andrea Tempestini
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La storia di Veronica Bolina sta raggiungendo ogni angolo del mondo. Lei è una transgender, arrestata a San Paolo, in Brasile, e (forse) brutalizzata dalla polizia. Gli scatti di lei con le mani legate, il volto devastato, il seno nudo e i pantaloni squarciati, postate su Facebook, hanno sollevato l'indignazione. La donna, sospettata di aver ucciso il suo vicino di casa, è stata arrestata dalla polizia, che però, in carcere, avrebbe infierito brutalmente su di lei. L'accusa è che gli agenti lo abbiano fatto soltanto perché transessuale. Intanto la mobilitazione viaggia su Twitter, dove spopola l'hashtag #SomosTodasVeronica. L'audio dopo l'arresto - Le immagini di Veronica brutalizzata sono apparse al termine della sua prima settimana in carcere. In un audio rilasciato dopo l'arresto Veronica ha negato di essere stata torturata dalla polizia, affermando che "gli agenti hanno fatto solo fatto il loro lavoro. Non mi hanno torturato. Ad ogni azione corrisponde una reazione. Hanno dovuto usare le loro regole per prendermi. E appena sono stata presa, non mi hanno torturata". Il sospetto, però, è che si tratti di dichiarazioni forzate, estorte sotto minaccia, tanto che sul profilo Facebook della trans diversi suoi conoscenti hanno scritto che la voce dall'audio non sarebbe la sua, e che si tratterebbe dunque di un falso. La polizia, da par suo, sostiene che Veronica sia stata aggredita da altri prigionieri dopo essere stata sorpresa mentre si masturbava (le foto, infatti, sono state scattate all'interno del carcere).

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