Pronti alla guerra. Il piano di Renzi in Libia: l'Isis vicini ai pozzi petroliferi
I fiancheggiatori dell'Isis in Libia sono sempre più vicini alla conquista dei pozzi petroliferi. L'allarme è stato lanciato all'Onu dal Consiglio presidenziale del governo di Concordia nazionale, guidato da al-Sarraj ed è stato raccolto dai capi di Stato del G5, riuniti ad Hannover. La minaccia - Secondo il rapporto del Noc, citato dal Mattino, verso i giacimenti libici sono diretti seguaci dell'ex regime di Gheddafi e gruppi ribelli africani, come quelli islamisti dal Sudan di Giustizia e ugualianza. Soprattutto i nostalgici di Gheddaffi sono i più temibili, sono le tribù dell'area di Sirte che godono di ampio sostegno militare da parte dello Stato islamico. I giacimenti - Le minacce da parte dei militari islamisti riguardano meno le piattaforme petrolifere in mare, contro le quali sarebbero necessarie navi e mezzi più complessi per un assalto contro i sistemi di sicurezza che proteggono i pozzi. Di più però i pozzi su terra, nella zona del Golfo di Sirte e nell'entroterra, dove da alcuni mesi la Petroleum facilities guard, le guardie armate pagate dalle compagnie petrolifere, ha fronteggiato e respinto diversi attacchi ai depositi di greggio da parte dei jihadisti. Sotto schiaffo sono per lo più compagnie britanniche e francesi, più al sicuro l'Eni con i pozzi principali situati più lontano dall'area calda. Ci sono però tre punti più esposti di altri, come il terminal petrolifero di Melittah, a 20 km da Sabrata, già teatro di attacchi da parte dell'Isis. Uno scenario che non può lasciare indifferente tanto i Paesi europei, quanto direttamente l'Italia. Il piano - E una risposta dal G5 di Hannover sarebbe in qualche modo arrivata. Obama, Merkel, Holland, Cameron e Renzi hanno concordato una sorta di via libera per intervenire con propri militari in Libia, ma solo con funzioni di protezione e addestramento dell'esercito locale. Il piano italiano dovrebbe coinvolgere circa 900 uomini, che saranno messi a difesa dei principali punti sensibili, compresi i pozzi petroliferi. L'ultima partita si giocherà in sede Onu, dove l'Italia si gioca la guida della missione internazionale. Se Roma incasserà quel ruolo, sarà però costretto a dispiegare il contingente più numeroso. Dietrofront - Nella mattinata però è arrivata la secca smentita da parte del governo sul possibile dispiegamento di forze da parte dell'Italia sul territorio libico. "Si tratta di una notizia destituita di ogni fondamento - hanno riportato alle agenzie fonti del governo - come peraltro si poteva facilmente evincere dal punto stampa del presidente del Consiglio Matteo Renzi al termine della riunione del Quint ieri a Hannover. Nessuna offerta, dunque, a fronte di nessuna richiesta".