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Pasticcio marò, a rischioaffari per 8 miliardi di euro

I marò

I rapporti tra i due Paesi precipitano: in forse la partecipazione italiana a centinaia di bandi pubblici. Difficoltà in vista per 400 aziende

Matteo Legnani
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di Antonio Castro Vale oltre 8,5 miliardi l'interscambio commerciale tra Italia e India. Negli ultimi 20 anni - stando proprio all'analisi dell'Ufficio commerciale dell'Ambasciata d'Italia a Nuova Delhi, i rapporti ex-import sono cresciuti di 12 volte. Ora il rischio è che questo trampolino commerciale formidabile verso l'Asia (dalla Cina al Sud Est asiatico) venga divelto dalla crisi diplomatica tra i due Paesi. Certo a rischio c'è l'affare dei 12 elicotteri che una controllata Finmeccanica (AgustaWestland) avrebbe dovuto fornire al governo indiano (un affare da 560 milioni). Ma si tratta solo della punta del'iceberg di un alveare di business andati a sbattere contro la crisi diplomatica peggiore degli ultimi 30 anni.  Come se non bastasse la tensione politica, il braccio di ferro innescato dal mancato rimpatrio rischia di complicare l'esistenza quotidiana dei circa 902 italiani residenti nel continente. Secondo gli ultimi dati disponibili della Farnesina ufficialmente in quel Paese risiedono registrati all'Aire (il registro degli italiani all'estero), meno di mille italiani. Un'inezia se paragonato ai 121.036 indiani che hanno trovato lavoro e accoglienza dalla Lombardia al Lazio, passando anche per la Valle d'Aosta (ne sono censiti appena 72 tra Aosta e baite limitrofe). Il problema è che i due marò per rientrare in Italia hanno ottenuto un permesso speciale dai tribunali del Kerala, stato meridionale della Repubblica federale indiana. E per ottenere il permesso di votare (1 mese), l'ambasciatore italiano Daniele Mancini, si è impegnato sul «suo onore» a garantirne il rientro. Insomma, per gli indiani l'ambasciatore fa da garante in solido, tralasciando il diritto internazionale e l'immunità diplomatica.  Il problema è che proprio prendendo a pretesto la crisi di rapporti diplomatici le imprese indiane potrebbero sospendere i pagamenti per le merci italiane. Non solo. Irritati per il cambio di strategia, gli indiani potrebbero quantomeno rendere complicata la vita degli uomini d'affari italiani e delle 400 imprese tricolori che hanno sedi di rappresentanza e stabilimenti nel continente. Senza contare i danni che potrebbero derivare dall'esclusione delle imprese italiane dalle grandi commesse per l'ammodernamento infrastrutturale della Repubblica indiana. In ballo ci sono 1.000 miliardi di grandi opere che l'India vorrebbe realizzare (o quantomeno avviare) entro il 2017. Le imprese italiane attive nelle costruzioni, cantieristica, forniture di vario genere guardano con l'acquolina in bocca a questa grande torta di investimento. Ma potrebbero restare fuori dalla spartizione, facendo la gioia di tedeschi, francesi e americani che su questo piano di sviluppo infrastrutturale hanno già messo gli occhi.  Tralasciando gli investimenti italiani in India: stando ai censimenti Eurostat  l'Italia ha investito ben 694 milioni di euro in India nel 2011 (portando lo stock complessivo a 2,58 miliardi di euro).  Nel 2011 le imprese indiane hanno sommesso sull'Italia circa 66 milioni di euro (957 milioni nell'Ue). Ma i miliardari indiani (non c'è solo Tata) hanno il portafoglio gonfio e vorrebbero approfittare della crisi europea per fare shopping. Negli ultimi 7 anni - stando sempre ai dati Eurostat -  gli investimenti indiani nell'Ue sono cresciuti da 584 milioni del 2004 a 10 miliardi del 2011. La battuta d'arresto dei rapporti bilaterali rischia di costare alle nostre imprese molto più della commessa per i 12 elicotteri.  

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