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Philip Roth morto a 85 anni: addio al più grande scrittore che non ha mai vinto il Nobel

Giulio Bucchi
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È morto Philip Roth, scrittore americano tra i più grandi del Novecento, probabilmente il più grande non premiato con il Nobel per la Letteratura. Il romanziere si è spento in un ospedale di Manhattan, New York, a 85 anni. Salito alla ribalta nel 1969 con l'irriverente Lamento di Portnoy, opera semi-autobiografica irriverente e scandalosa dal punto di vista sessuale e sociale (è stato uno dei primi autori ebraici ad affrontare l'ebraismo con ironia e senza fare sconti alle contraddizioni della sua stessa cultura), Roth ha cercato per tutta la vita "il grande romanzo americano", quell'opera monumentale in grado cioè di riassumere il senso di una civiltà, quella americana che ha conquistato l'Occidente tra Primo dopoguerra e fine secolo. Tra tanti capolavori (in ordine sparso, La macchia umana, Complotto contro l'America, Ho sposato un comunista) ha centrato il bersaglio nel 1997 con un caposaldo della letteratura mondiale degli ultimi decenni, quella dolcissima e amarissima Pastorale americana che gli ha fruttato il Premio Pulitzer. Gli accademici di Svezia non lo hanno mai ritenuto all'altezza del premio più prestigioso al Mondo, o forse lui ormai era ritenuto troppo "classico" o poco esotico per questi tempi. Sicuramente sarebbe stato in ballo per il prossimo Nobel, come ogni anno. Quasi una tradizione per l'autore che più di ogni altro è diventato "la voce di una generazione", definizione riduttiva perché Roth è riuscito a sintetizzare, analogamente a quanto fatto negli stessi anni da Woody Allen nel cinema, la schizofrenia e le nevrosi dell'uomo contemporaneo, indipendentemente da età, sesso, estrazione o religione.  di Claudio Brigliadori @Piadinamilanese

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