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Primi scontri in Honduras

Zelaya: "Pronto a tornare"

Dario Mazzocchi
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La tensione in Honduras cresce dopo che il presidente Manuel Zelaya è stato spodestato dall'esercito in ubn golpe domenica scorsa. Mentre molti leader sudamericani hanno cominciato a ritirare i loro ambasciatori dallo stato centroamericano, Washington ha definito “illegale” quanto accaduto e le proteste per le strade iniziano a diventare violente. Nella capitale la polizia ha sparato lacrimogeni sui sostenitori di Zelaya che lanciavano pietre. Il presidente si trova in un esilio coatto in Costa Rica mentre al suo posto si è insediato pro-tempore il conservatore di origine italiana Roberto Micheletti. Secondo alcune fonti, sarebbero all'incirca 1500 i dimostrati che si sono scontrati con le forze di sicurezza nei pressi del palazzo presidenziale. Alcuni di loro avevano i volti coperti da maschere ed erano armati di bastoni. Chavez ritira l'ambasciatore - Il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, è stato il primo capo di Stato ad affermare, nel corso di un incontro a Managua, in Nicaragua, che ritirerà l'ambasciatore dall'Hounduras. Lo ha seguito il messicano Felipe Calderon. Tra le strategie adottate, anche lo stop commerciale di due giorni. Lo stesso Chavez ha annunciato che bloccherà anche le vendite di petrolio a basso costo. Nel frattempo Zelaya ha comunque dichiarato che farà ritorno nel Paese giovedì con il capo dell'Organizzazione degli stati americani, Jose Miguel Insulza. “Vado a Tegucigalpa giovedì”, ha detto Zelaya, “il presidente del popolo sta tornando”. Di diverso avviso Micheletti che alla Reuters si è detto convinto che la maggioranza degli honduregni sostiene i golpisti che hanno agito contro Zelaya perché “stava trascinando il Paese verso il ‘chavismo', stava seguendo questo modello che non è accettato dagli honduregni”.

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