L'analisi

Generale Fabio Mini, il battaglione Azov e Zelensky: "La mappa segreta dell'esercito ucraino, quello che non può rivelare. Gli Usa..."

"Le mappe delle operazioni che ci vengono generosamente offerte dall'Ucraina o dal Pentagono (sono le stesse) sono ancora semi mute. Parlano delle zone conquistate o perdute dagli ucraini, ma non dicono dove e quali sono le forze impiegate. Gli stessi esperti internazionali si sprecano nell'indicare numero, livello e posizione delle forze russe, ma non dicono dove sono quelle ucraine. È sempre più evidente che le cosiddette 'mappe delle operazioni' che appaiono sui nostri televisori vogliono presentare una situazione surreale nella quale esiste soltanto un attore irresponsabile", scrive il generale Fabio Mini in un articolo su Il Fatto quotidiano. Quindi, osserva ancora, "è chiaro l'intento di disinformare facendo riferimento a una sola parte, ma è legittimo il 'sospetto' che si voglia aumentare la propria credibilità con numeri sempre rigorosamente dispari (prima regola della manipolazione: i numeri pari non sono credibili) e precisando gli identificativi dei reparti russi in combattimento, nomi e cognomi dei comandanti e delle loro famiglie".

 

 

Un secondo "legittimo sospetto che nasce dalle mappe semi mute", prosegue il generale, già comandante della missione in Kosovo dal 2002 al 2003, "è che il motivo dell'omissione non sia soltanto una misura di sicurezza operativa" ma "la ragione vera può invece stare al livello superiore a quello militare e locale. E qui sicurezza operativa e censura sono obbligate non tanto per evitare l'effetto sull'avversario quanto quello sul proprio fronte interno e su quello esterno degli alleati e simpatizzanti". La cosiddetta "demilitarizzazione" dell'Ucraina annunciata dai russi "si riferiva in particolare a tutte le forze armate regolari e irregolari, a tutte le armi fornite negli otto anni precedenti dagli americani e dalla Nato e significava render conto del fiume di denaro ricevuto dall'Ucraina a partire dal 1994. La denazificazione si riferiva a tutte le forze e le istituzioni controllate dagli estremisti ultranazionalisti e neonazisti, ai contractor pagati dal Pentagono e dagli oligarchi".

 

 

Infine, il presidente Volodymyr Zelensky, sottolinea Mini, "non poteva e non può permettersi di mostrare in una mappa qualsiasi nessuna di tali forze e se volesse farlo non glielo permetterebbero proprio coloro che da vent'anni hanno puntato sull'Ucraina per fottere la Russia e l'Europa. Cancellando dalle mappe operative gli obiettivi della demilitarizzazione e della denazificazione sarebbe rimasto di 'presentabile' soltanto ciò che riguardava i russi: esattamente ciò che si vede da due mesi. Le parole demilitarizzazione e denazificazione hanno fatto entrare in tilt anche l'Europa e la Nato. La demilitarizzazione dell'Ucraina porterebbe allo scoperto e al fallimento l'intensa attività di militarizzazione di quel Paese svolta dalla Nato e dall'Europa e renderebbe inutile lo sforzo di completare la militarizzazione dell'intero continente: un cuscinetto neutrale e disarmato in Ucraina, oltre a essere contagioso, impedirebbe il riarmo europeo chiesto e ottenuto dagli Stati Uniti. Per questo ogni trattativa in tal senso deve essere bloccata". E allora, conclude Mini, "dobbiamo renderci conto che Zelensky ha ragione: l'Ucraina è Europa, è Nato e insieme dobbiamo combattere fino all'ultima goccia di sangue perché le mappe continuino a essere semi mute".