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Valery Gerasimov in Cecenia, "ragazzina stuprata e brutalizzata". Il gesto clamoroso del generale di Putin

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Può sembrare impossibile, ma il Capo di Stato maggiore russo Valery Gerasimov, inviato da Vladimir Putin a Izyum per gestire in prima persona, sul fronte, la macchina bellica in Donbass, godeva in qualche misura della stima di Anna Politkovskaja, la giornalista anti-regime fatta assassinare nel 2006 e diventata nel mondo il simbolo della dittatura sanguinaria del Cremlino.

 

 



La voce dei dissidenti aveva seguito in prima persona l'orrore della guerra russa in Cecenia, la prima "impresa" del neo-presidente Putin. Una prova di forza di impressionante e cruda brutalità, contro i civili. Protagonista di quello scenario di guerra fratricida era stato il colonnello Yuri Budanov (nella foto), poi condannato dalla giustizia russa, nello stupore generale, per aver rapito, stuprato e ucciso una ragazza di appena 18 anni. La foto della faccia della giovane, sadicamente deturpata dalle bruciature delle sigarette spente sulla sua pelle dal macellaio Budanov, aveva fatto il giro del mondo.

 

 

 

 

Proprio Gerasimov, anche lui in Cecenia, aveva contribuito a far arrestare Budanov, poi ucciso per strada a Mosca nel giugno 2011, freddato con quattro colpi di pistola alla nuca. Di fronte al coraggio di Gerasimov, che di fatto aveva scoperchiato il vaso di Pandora delle torture russe sui civili ceceni, proprio la Politkovskaja aveva definito il militare di alto grado "un ufficiale che non aveva perso l’onore", come ricorda Micol Flammini sul Foglio. Ora a quell'ufficiale il compito, arduo, di condurre una guerra che di onorevole ha ben poco. 

 

 

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