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Sergej Shoigu, voci da Mosca: "Li trituriamo". Assalto a Kiev, quando arriveranno a Zelensky

Shoigu e Putin

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"Li trituriamo". Che la situazione in Ucraina sia cambiata, da qualche giorno, è opinione condivisa, al Cremlino come a Kiev, a Berlino come a Washington o Pechino. Dal partito Russia Unita, la roccia del "putinismo" a Mosca, filtrano voci addirittura entusiastiche. Esponenti di spicco assicurano che entro pochi giorni cadrà Severodonetsk, l'ultimo bastione ucraino in Donbass. E una volta messe le mani sulla possibile "nuova Mariupol", possibilmente senza raderla al suolo come accaduto alla città sul Mar d'Azov, allora il conflitto filerà liscio su un piano inclinato. 

Il ministro della Difesa Sergej Shoigu, l'uomo che aveva teorizzato una "guerra lampo" prospettando un successo rapido e sicuro a Vladimir Putin (e per questo punito con una mezza purga lo scorso marzo, una volta constatato il tramonta dell'ipotesi) ha dato ora l'ordine di mandare al fronte i soldati russi più esperti. Una "professionalizzazione" della guerra (non più una "missione militare speciale" affidabile in gran parte ai soldati di leva) che non promette nulla di buono per l'esercito ucraino.

 

Il successo vicino in Donbass non segnerà però la fine delle ostilità. Secondo quanto riportato dal sito indipendente russo Meduza, infatti, il Cremlino avrebbe già pianificato una seconda offensiva a Kiev in autunno. Assaltare la capitale, dopo il tentativo andato a vuoto lo scorso febbraio (e che generò l'orrore di Bucha e Irpin). Obiettivo conclamato: ottenere la testa di Volodymyr Zelensky, già umiliato a Est.

E qui tornano le frasi degli esponenti di Russia Unita, "alla fine li ridurremo in poltiglia". Sinistramente simili a quelle usate da Zelensky per il Donbass, che i russi vorrebbero "incenerire". E forse per la prima volta dall'inizio del conflitto, suggerisce Kevin Rothrock, direttore dell'edizione di Meduza in inglese, "Kiev sta perdendo la guerra dell'informazione". O della propaganda.

 

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