L'intervista

Ucraina, il professor Graziosi: "Quando Putin sarà morto..."

Mirko Molteni

La guerra fra Mosca e Kiev, che da febbraio 2022 sta sconvolgendo gli equilibri dell'Europa e del mondo ha radici profonde nelle vicende di quei popoli. Il prof. Andrea Graziosi, professore di Storia contemporanea all'Università di Napoli Federico II, ne ha parlato nel suo libro "L'Ucraina e Putin. Tra storia e ideologia" (Laterza, 200 pagine, 16 euro). Lo abbiamo interpellato per capire se e quando potrà tornare la pace in quelle terre.

 

 

 

Nel suo libro lei ha ricostruito le basi storiche del contrasto russo-ucraino. Cosa non ha funzionato fra popoli fratelli?
«Non parlerei di popoli fratelli, nella storia sono frequenti i processi di separazione, per cui comunità affini seguono cammini separati. Per esempio, tra popoli latini come italiani, francesi e spagnoli accadde nel Medioevo, mentre fra russi e ucraini il fenomeno è molto più recente. Per esempio la lingua russa e quella ucraina iniziarono a distinguersi fra loro verso il 1800. Poi, quando nel 1991 si sciolse l'Urss, Russia e Ucraina, in quanto nuovi stati, cominciarono a prendere strade diverse anche fondandosi su legittimazioni storiche opposte. La Russia come la potenza militare vincitrice della Seconda Guerra Mondiale, l'Ucraina come una nazione vittima che aveva subito l'Holodomor, la carestia causata da Stalin nel 1932-33».

I russi oserebbero usare un'arma atomica contro gente che considerano "di famiglia"?
«Credo non useranno l'atomica, ma il motivo sarà quello di evitare le gravi conseguenze politiche e strategiche di un tale atto, anche per non giocarsi l'appoggio della Cina. Non certo per un'affinità con gli ucraini».

L'accusa russa agli ucraini di tramare una "bomba sporca radioattiva" è propaganda dal sapore vetero-sovietico?
«Sovietica o no, è solo propaganda. L'Ucraina non trarrebbe alcun vantaggio politico o militare dall'uso di un'arma radioattiva».

Con l'inverno chi resisterà di più?
«La situazione è grave, se si pensa che moltissime case ucraine non hanno più le finestre e non si trova vetro per ripararle. S' immagini d'inverno, anche col riscaldamento funzionante, a non poter chiudere le finestre! Gli ucraini, tuttavia, hanno una notevole capacità di resistenza e di sacrificio. Del resto, la guerra è ancora lontana dall'essere risolta sul campo di battaglia. Putin ha subito varie sconfitte, ma non ha perso e non può perdere, mentre l'Ucraina non ha ancora vinto. Alla fine può darsi una soluzione venga trovata con l'aiuto dei loro rispettivi principali sostenitori, cioè gli Stati Uniti e la Cina, senza la quale la Russia non può andare avanti».

Kiev vuole negoziare con Mosca solo dopo che i russi si siano ritirati dall'intera Ucraina, Crimea compresa. È irrealistico?
«Con una guerra in corso e gran parte del territorio invaso, si siede a trattare solo chi è sconfitto. E l'Ucraina non è sconfitta. Sotto tale aspetto un certo pacifismo, anche italiano, che chiede trattative immediate mi sembra quantomeno superficiale».

Sarebbero stati fattibili regolari referendum garantiti dall'Onu nel Donbass per evitare la guerra?
«In teoria simili referendum, o plebisciti, sarebbero stati una soluzione, ma, appunto, molti mesi fa, prima della guerra. Ora non più. Sarebbe poco pratico organizzarli adesso, anche da parte dell'Onu. E poi dovrebbero tenersi in territori sgomberati da truppe e che la Russia si è invece formalmente annessa».

 

 

 

La Nato sta usando l'Ucraina per indebolire la Russia?
«In realtà Putin ha attaccato l'Ucraina pensando che la Nato e l'Unione Europea fossero deboli e incapaci di reagire. Aveva visto molti, da Trump a Macron, dire che l'alleanza era in crisi, senza contare il ritiro dall'Afghanistan nell'agosto 2021. La Nato ha iniziato a sostenere l'Ucraina vedendo che Kiev resisteva. Così Putin ha ottenuto l'effetto contrario a quello sperato, come si è visto anche con il processo di adesione di Svezia e Finlandia. E, in modo anche non ufficiale, si ritroverà la Nato in Ucraina, cioè realizzerà il pretesto usato per l'invasione».

Se la guerra dura troppo a lungo, l'Occidente può stancarsi di sostenere Kiev?
«Sì, è possibile e su questo ha scommesso Putin. Del resto in Occidente ci sono molti che vorrebbero disimpegnarsi, non solo chi è filorusso, ma anche chi comprensibilmente ragiona in termini di interessi, per esempio, che so, i piastrellisti che hanno bisogno delle argille del Donbass, oltre che di gas più a buon mercato per i forni. Non è un caso che pochi giorni fa sia stata diffusa la notizia del battibecco telefonico avutosi in giugno fra Biden e Zelensky, sottolineata anche da giornali italiani. Ma credo che i sacrifici dell'Occidente valgano la pena. Se Putin l'avesse vinta, passerebbe il messaggio che chi possiede armi nucleari può fare ciò che vuole. Andrebbe così in crisi il valore della non proliferazione nucleare, con conseguenze a catena ovunque nel mondo, per esempio fra le due Coree o fra Cina e Taiwan, e ogni Stato vorrebbe il suo arsenale nucleare, e comprensibilmente».

Ma gli ucraini di oggi si sentono più occidentali dei loro nonni?
«Negli ucraini c'è ancora molto di sovietico, ma la loro esperienza successiva al 1991 li ha portati a fare un confronto diretto fra Russia e Occidente. Negli anni Novanta molti ucraini sono emigrati per lavoro in Russia, che nonostante la crisi post-sovietica restava un Paese più ricco del loro. Poi, dopo la liberalizzazione dei visti per l'Unione Europea, gli ucraini sono emigrati in massa nei Paesi occidentali, Italia compresa. E hanno visto che, in sostanza, per condizioni di vita e lavoro, è meglio stare a Ovest che a Est. Comunque, lo intuivano già in epoca sovietica, quando per mezzo della televisione o della musica, filtrava in Urss l'immagine del benessere occidentale».

Questa guerra avrà una netta fine o proseguirà in forme carsiche?
«Dopo che l'attuale conflitto armato si sarà esaurito, si andrà probabilmente verso un conflitto congelato, paragonabile a quello fra Corea del Nord e Corea del Sud. La tensione potrebbe permanere almeno fino alla morte di Putin. Certo, non è detto che i suoi successori siano migliori, ma senza dubbio l'uscita di scena dell'attuale presidente russo aprirà una finestra di opportunità per il miglioramento della situazione».

Cosa pensa della recente richiesta del ministro degli Esteri ucraino Kuleba ai parlamenti stranieri affinchè riconoscano l'Holodomor come genocidio?
«Gli ucraini fin dai primi anni 2000 lavorano per il riconoscimento internazionale dell'Holodomor come genocidio. E in effetti fu un vero genocidio. Va però detto che, se di questi tempi qualcuno lo interpreta come esempio di repressione russa nei confronti degli ucraini, in realtà fu un genocidio di matrice ideologica e non nazionalista. Fu deciso, sì, a Mosca, ma dal georgiano Stalin nell'ambito dell'ideologia comunista. E fu poi attuato dal Partito Comunista, anche da molti ucraini che ne erano dirigenti e funzionari».

Russia e Ucraina potranno riconciliarsi in futuro, grazie anche alla comune cultura?
«Accadrà, ma non per la vicinanza culturale in sé, bensì per il mutamento delle condizioni politiche. A quel punto i legami culturali verranno riscoperti».