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Hamas, il generale Boni: "Merkava e fantasia contro la jihad"

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L'operazione terrestre israeliana a Gaza, feudo dei terroristi di Hamas, sarà lunga e difficile, oltre a comportare il rischio di effetti a cascata su tutto il Medio Oriente. Ce lo spiega il generale Maurizio Boni, dal 2014 al 2016 capo di Stato Maggiore del NATO Rapid Deployable Corps.

Generale, le incursioni di carri e fanteria dei giorni scorsi hanno fatto da apripista? 
«Le azioni degli ultimi giorni hanno costituito una fase preparatoria lungamente pianificata per iniziare a scardinare le difese di Hamas e anche per fare attività di intelligence, in particolare riguardo alla rete dei tunnel. In queste azioni è fondamentale il modo originale e creativo in cui gli israeliani utilizzano il loro principale veicolo corazzato, cioè il carro armato Merkava. A differenza che negli altri eserciti, il carro armato è inteso dall'esercito israeliano non tanto come un veicolo da combattimento a sé stante, quanto come un centro di comando e comunicazioni mobile che accompagna l'avanzata delle truppe. Questo tipo di impiego deriva dal fatto che inviare carri armati in uno scacchiere urbano non è l'ideale. Il carro in città è in difficoltà perché gli manca spazio per il suo campo di tiro ottimale, che possa far valere la potenza di fuoco del cannone, inoltre è un sistema d'arma solitamente concepito per battaglie in campo aperto. Il Merkava è però un carro che può portare al suo interno una squadra di soldati che uscendo dal retro dello scafo può accompagnarlo passo per passo, talché in un contesto urbano fanteria e carri si appoggiano e si proteggono a vicenda».

 


 

È alto il rischio di trappole? 
«Hamas può sfruttare ogni edificio o cumulo di macerie per tendere agguati. Senza contare i tunnel. A parte le mine, trappole per carri possono essere anche scantinati camuffati, in cui il cingolato possa cadere. Ogni carro armato, anche il Merkava israeliano, ha dei limiti per il “gradino” che può superare in altezza, per cui se sprofonda in uno vano profondo due o tre metri può non farcela a uscirne. Mi ricordo bene, fin dai tempi in cui frequentavo l'accademia militare, quel vecchio detto secondo cui “un carro fermo è un carro morto”». E il Libano? «Sarà una guerra lunga e costerà molte perdite all'esercito israeliano, oltre che ad Hamas e ai civili. Il conflitto porrà a Israele un dilemma sulle conseguenze per la regione. Temo per il Libano. È vero che gli americani hanno già ammonito Hezbollah e l'Iran con gli attacchi aerei in Siria. Ma gli sciiti libanesi potrebbero ugualmente scendere in guerra profittando del fatto che il grosso delle truppe ebraiche è impegnato a Gaza». 

 

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