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Joe Biden insulta il giornalista: "Stupido figlio di putt***". A "Repubblica" che dicono?

Tommaso Montesano
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«What a stupid son of a bitch». Giusto un paio d’anni fa, di questi tempi, Joe Biden si rivolgeva così a Peter Doocy, il corrispondente della Fox News dalla Casa Bianca. Colpevole, nel corso di una conferenza stampa, di aver rivolto al presidente uscente una domanda scomoda sul ruolo dell’inflazione in vista delle successive elezioni di mid term.

Per i pochi che non conoscessero l’inglese, la traduzione dell’insulto - per il quale la Casa Bianca all’epoca si era giustificata spiegando che Biden non sapesse che il microfono fosse acceso - è questa: «Che stupido figlio di put***a». Ecco, immaginiamo cosa sarebbe accaduto - nel momento in cui Repubblica accusa il governo di agitare «il manganello sovranista» con i media - se un epiteto simile fosse scappato, ad esempio, a un premier o a un ministro di centrodestra. Invece sul versante sinistro dello schieramento tutto è possibile. Qualche mese prima, il 21 settembre 2021, un gruppo di corrispondenti accreditati alla Casa Bianca aveva denunciato di non aver potuto porre al Presidente domande sulla crisi dei migranti - in particolare sulle immagini dei migranti frustati da agenti federali a cavallo al confine col Messico - nel corso del “punto stampa” dopo l’incontro tra Biden e l’allora premier britannico Boris Johnson. Lo stesso Biden si è sempre rifiutato di rispondere alle domande sulle vicende che riguardano il figlio Hunter e le sue relazioni con l’Ucraina. Tirando dritto di fronte alle richieste dei giornalisti. Vicenda, peraltro, a proposito di censura, che su Twitter pre Elon Musk è stata oscurata su richiesta di Washington.

 

 

 

VIETATO CRITICARE

Sulla sponda europea dell’Atlantico un paio di giorni fa ha fatto discutere il licenziamento in tronco, da parte di El Paìs, la voce della giovane democrazia spagnola dopo la morte di Francisco Franco, di Fernando Savater, uno degli intellettuali più famosi di Spagna. Savater è stato messo alla porta dopo 47 anni per aver criticato, sul concorrente El Mundo, l’appiattimento del suo giornale sul governo del premier Pedro Sánchez: «Penso che il giornale sia cambiato molto, passando dall’essere un giornale critico e plurale, a diventare un media apertamente governativo». Savater è andato giù pesante sul presidente del governo di Madrid, accusato di aver calato le braghe di fronte ai separatisti catalani: «Sánchez è semplicemente un’antenna parabolica che capta ciò che c’è là fuori, ciò che gli conviene. Poiché non ha principi».

Ma neanche il vicino francese Emmanuel Macron è esente da colpe. Nei mesi scorsi ha sollevato le proteste di tutte le organizzazioni internazionali e nazionali dei giornalisti l’arresto di Ariane Lavrilleux, fermata e detenuta per 39 ore con l’accusa di aver reso pubblici i retroscena, grazie a documenti classificati, della cosiddetta “operazione Sirti”, ovvero i legami tra Francia ed Egitto. Per il sito investigativo Disclose, Lavrilleux nel 2021 ha firmato un’inchiesta secondo cui l’intelligence di Parigi sarebbe stata utilizzata dal governo di al Sisi per uccidere civili, indicati come trafficanti. «Per quasi 10 ore ha dovuto affrontare, da sola, la violazione della sua privacy e la perquisizione completa della sua abitazione, non ha avuto accesso neanche all’avvocato fino alle 15,30», hanno denunciato i colleghi di Lavrilleux.

 

 

 

Sempre in tema di Francia, sono note le tensioni tra l’Eliseo e Libération. E vale la pena ricordare che nell’agosto del 2022 Le Monde sul suo sito ha prima pubblicato e poi rimosso un editoriale critico con il presidente della repubblica, con tanto di successive scuse al capo dell’Eliseo. «Ritirare un pezzo è una pratica anomala e incomprensibile», protestò l’autore dell’articolo, Paul Max Morin.

L’attualità ci porta nell’est europeo. Dopo le elezioni generali, in Polonia è diventato primo ministro Donald Tusk, già presidente del Consiglio Ue dal 2014 al 2019. Tra le prime misure approvate dal nuovo governo, c’è stato il licenziamento degli amministratori delegati di tv, radio e agenzia di stampa statali. La polizia è stata addirittura inviata presso la sede dei media pubblici polacchi per far rispettare la decisione. Manovre bollate come illegali dal tribunale costituzionale polacco, che lo scorso 19 gennaio ha denunciato l’assenza di un regolare iter legislativo.

 

 

 

PIAZZA PULITA A VARSAVIA

Marcin Przydacz, già sottosegretario alla presidenza del governo, ha denunciato che «Tusk ha letteralmente e fisicamente preso il controllo della tv pubblica e delle agenzie di stampa con vere e proprie incursioni nel cuore della notte fatte dai suoi uomini». Un blitz che evoca le pagine buie della dittatura comunista del generale Wojciech Jaruzelski, che introducendo la legge marziale nel 1981 fece chiudere le trasmissioni tv. Ma il commissario europeo perla Giustizia, Didier Reynders, copre le spalle a Tusk: «Lieto che le autorità polacche siano determinate a ripristinare lo stato di diritto in Polonia». 

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