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Israele-Turchia, pranzo kosher a rischio

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La crisi diplomatica ha bloccato il flusso di alimenti e ispettori da un Paese all'altro

Eleonora Crisafulli
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La crisi tra Israele e Turchia, dopo l'assalto alla nave di aiuti umanitari diretta a Gaza, rischia di far saltare il pranzo kosher. Le principali ditte israeliane che rispettano il kashrut, l'insieme di norme ebraiche che regolano l'alimentazione, hanno smesso di inviare i propri ispettori in Turchia temendo per la loro sicurezza. Allo stesso modo, i produttori turchi che forniscono alimenti con marchi kosher non stanno inviando i loro cibi in Israele. E la questione non sembra prossima a una soluzione. La Haredi Badatz, la più grande organizzazione israeliana per la supervisione dei prodotti kashrut, ha anzi annunciato che non riprenderà le sue attività fino a quando il ministero degli Esteri turco non garantirà per la sicurezza degli israeliani in Turchia. "Anche gli ispettori hanno paura di andarci", spiega  Moshe Weinstein, vice CEO della fabbrica OK per la cerificazione, sottolineando che i funzionari saranno mandati in Turchia solo se assolutamente necessario. Yehuda Katz, capo dell'organizzazione dei rabbini Landa kashrut, ha detto che nemmeno i suoi ispettori sono più entrati nel Paese: "Riteniamo che la santità della vita superi l'importanza dei pomodori. Abbiamo un sacco di produttori in Turchia, ma nulla è insostituibile". Prima della crisi diplomatica tra i due Paesi, tra gennaio e maggio di quest'anno, l'esportazione di cibo, bevande e tabacco dalla Turchia a Israele era cresciuta del 10% rispetto allo stesso periodo del 2009, raggiungendo i 43 millioni di dollari, in base ai dati della Camera di Commercio di Israele. Oltre alla pasta, tra i prodotti made in Turchia venduti in Israele anche frutta secca e conserve alimentari.

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