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Il vero nemico dell'Europa si chiama Europa

di Mario Sechi martedì 9 dicembre 2025

2' di lettura

Quando la crisi isterica passerà (e poi ritornerà, non c’è la cura), l’Unione europea dovrà affrontare il suo nemico: non l’America, ma se stessa. Tra le 33 pagine della nuova National Security Strategy della Casa Bianca c’è una vecchia idea americana che fu scolpita per la prima volta da George Washington nel suo discorso d’addio del 1796; ribadita da John Quincy Adams il 4 luglio del 1821; consolidata da James Monroe nel suo messaggio al Congresso del 1823. Applicata e dimenticata per decenni, a ondate ricorrenti.

Teddy Roosevelt, come corollario della dottrina Monroe, impegnò gli Stati Uniti in America Latina (ieri e oggi s’intrecciano, vedere alla voce Venezuela) e la conseguenza fu che sotto varie presidenze, dal 1904 al 1934, la Casa Bianca diede il via libera a 8 spedizioni militari e 5 occupazioni, tanto che i Caraibi furono chiamati «Lago Monroe». Va ricordato all’asilo infantile dell’Europa che non sono i documenti a fare la politica estera di un gigante come l’America, è la storia. Niall Ferguson sul Free Press ha rievocato le parole di Henry Kissinger in un articolo del 1968: «“Non esiste una politica estera americana”. Piuttosto, sosteneva, esistono solo “una serie di mosse che hanno prodotto un certo risultato”, che “potrebbe non essere stato pianificato” e al quale “le organizzazioni di ricerca e intelligence, sia straniere che nazionali, tentano di dare una razionalità e una coerenza... che semplicemente non ha”».

Le parole di Macron, Starmer, Merz non hanno alcun reale obiettivo diplomatico, sono rumore, mentre Giorgia Meloni ieri ha mostrato l’equilibrio che manca a Londra, Parigi e Berlino, quando ha «posto l’accento sull’importanza dell’unità di vedute tra partner europei e Stati Uniti per il raggiungimento di una pace giusta e duratura in Ucraina». Il documento della Casa Bianca non è un manuale di politica estera (ne avremo ampia prova nel tempo), è una riflessione strategica sugli interessi degli Stati Uniti e vale quando serve, se serve. L’Europa nell’agenda di Washington viene dopo altre regioni (e chi può negarlo?) perché è intrappolata nella cultura del declino, non accetta questa realtà e non vuole cambiarla perché non la vede. L’Homo Europaeus si è smarrito nella foresta della contemporaneità, non trova la strada del ritorno e dà la colpa agli americani. Troppo facile. E pericoloso.

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