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L'Iran contro l'Egitto: sionista

Taglia sul presidente Mubarak

Albina Perri
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La crisi in Medio Oriente si sta allargando. Ora ci si mette pure l'Iran, tra i maggiori sostenitori di Hamas insieme con la Siria. Ahmadinejad ha invitato i Paesi islamici a collaborare per «dare vigore all'Intifada» e farla entrare in «una nuova fase». L'Iran se la prende anche con l'Egitto e la Giordania, e sta facendo pesssioni perché non aiutino in alcun modo con Israele. Su un piano non ufficiale, un'organizzazione di fondamentalisti iraniani, il "Movimento degli studenti che cercano la giustizia", ha diffuso un poster offrendo una taglia di un milione di dollari a chi ucciderà il presidente egiziano Hosni Mubarak, fotografato con un colpo di pistola in fronte. I fondamentalisti affermano che il Cairo è complice di Israele. Un'accusa alla quale ha accennato implicitamente anche Ahmadinejad, parlando nei giorni scorsi a membri delle milizie dei volontari islamici (Basiji). Le relazioni tra Iran ed Egitto sono travagliate da 30 anni, con Teheran che rimprovera al Cairo di avere stipulato nel 1978 a Camp David il primo accordo di pace di un Paese arabo con Israele. Nella capitale iraniana una strada è intitolata a Khaled Eslamboli, il capo del commando fondamentalista islamico che nel 1981 uccise il presidente egiziano Anwar Sadat per punirlo di quell'accordo. Il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Hassan Qashqavi, ha detto comunque oggi che una nave iraniana con aiuti umanitari si sta avvicinando alla Striscia di Gaza, dopo avere potuto transitare per lo scalo egiziano di Port Said. Qashqavi non ha precisato come l'unità potrà attraccare con i combattimenti in corso. Il portavoce ha aggiunto che l'Iran intende inviare aiuti anche via aerea e ha sottolineato che un velivolo cargo è già atterrato, presumibilmente in Egitto. «Nessuna risposta», ha detto Qashqavi, è stata data invece finora dalle autorità egiziane alla proposta fatta nei giorni scorsi da Mottaki, di allestire un ospedale da campo in territorio egiziano vicino al confine con la Striscia per curare i feriti palestinesi.  Il governo iraniano ha intanto approvato un disegno di legge mirante a «punire» con sanzioni le aziende straniere che abbiano «legami con il regime sionista». Accuse di questo genere vengono mosse spesso da ambienti fondamentalisti a grandi società straniere operanti in Iran. È il caso della Nestlè, che ha uno stabilimento nella Repubblica islamica, e della Benetton, che il 30 dicembre scorso, poco dopo l'inizio dell'offensiva israeliana, ha visto incendiato uno dei suoi numerosi negozi aperti fin dal 2006 a Teheran.

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