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Pilota-eroe salvo dall'Hudson

ma non dal fiume di polemiche

Silvia Tironi
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Non gli è bastato l'aver salvato 155 persone a bordo dell'aereo che pilotava: Chesley Sullenberger, l'ufficiale ammarato nel fiume Hudson a New York per un guasto al velivolo e che è stato portato in trionfo in tutto il Paese, diventando il nuovo eroe degli Stati Uniti, è stato accusato dalle autorità dell'aviazioni civile americana di aver commesso una manovra, addirittura, “suicida”. C'è dell'altro perché nel corso di un'audizione alla Camera sull'incidente del volo Us Airways, uno dei controllori di volo ha definito “condanna a morte” la manovra che Sullenberger ha intrapreso. Una condanna a morte per i passeggeri e anche per il povero pilota. Patrick Harten, ufficiale che monitorava il traffico aereo sopra la Grande Mea quel giorno, ci è andato giù pesante: “Quando ho sentito cosa stava per fare, ho pensato che sarei stato l'ultima persona a parlare con qualcuna delle persone a bordo del volo”. L'uccello del malaugurio, è il caso di dire dal momento che il guasto al motore dell'aereo era stato provocato proprio da uno stormo finito nel reattore. “Non potevo semplicemente credere a quelle parole, la gente non sopravvive ad un ammaraggio in un fiume”. E infatti sono rimasti tutti salvi. Durante l'udienza di fronte alle autorità, il controllore di volo ha dichiarato di aver chiesto al pilota di tornare verso l'aeroporto La Guardia dover aver fatto sgomberare apposta una pista per l'atterraggio di emergenza. Sullenberger ha risposto di no, che non ce l'avrebbe fatta. Concludendo con un secco “stiamo andando nell'Hudson”. Poi il silenzio, con il contatto radio interrotto. Il pilota, da parte sua, ha sempre giustificato la sua manovra ribadendo che non avrebbe avuto il modo di portare il volo fino all'aeroporto per colpa delle condizioni dei motori. I 155 passeggeri lo hanno dovutamente ringraziato. I burocrati un po' meno.

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