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La 50esima vittima della missione Di Pietro: "Basta, ritiriamoci"

I militari morti in Afghanistan sono 5 solo nel 2012. Il leader Idv: "Nessuna ipocrisia, finiamo questa operazione, ci odiano"

Giulio Bucchi
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Il soldato italiano morto nell'attacco talebano nella base militare in Gulistan fa salire a 50 il numero delle vittime dei nostri militari impegnati nella missione multinazionale Isaf in Afghanistan. Nel 2012 hanno perso la vita il caporal maggiore capo Francesco Currò, il primo caporal maggiore Francesco Paolo Messineo e il primo caporal maggiore Luca Valente, in seguito ad un incidente stradale avvenuto a circa 20 km a sud-ovest di Shindand (il 20 febbraio) e il tenente colonnello Giovanni Gallo, colpito da un malore lo scorso 13 gennaio. Cordoglio e polemiche - Nel paese asiatico sono 4.200 i soldati in campo, e ora l'Idv chiede il rientro. "L'Italia dei Valori esprime   profondo cordoglio e si unisce al dolore dei famigliari e dei colleghi. Chiediamo al governo di venire subito in Aula a riferire", commenta il leader Antonio Di Pietro, che poi aggiunge: "Non ci vengano a dire che quando ci scappa il morto bisogna stare in silenzio, mettiamo fine a questa ipocrisia. L'Idv ha sempre chiesto, e oggi lo ribadisce a gran voce, che si ponga fine a tale martirio. Siamo in guerra, una guerra che non ci appartiene, vietata dalla Costituzione italiana. Più passa il tempo e più la popolazione afghana ci odia. Siamo in quei territori non in missione di pace, ma in guerra. E' questa la verità. Una volta per tutte: basta con questa violenza e si ritiri immediatamente il nostro contingente". Da parte sua, il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, che questa mattina ha fatto visita ai 4 miliatri rimasti feriti il 18 marzo scorso proprio in Afghanistan e ricoverati al Policlinico Militare del Celio, ha espresso "profondo cordoglio" insieme a tutto il governo e un po' tutti gli esponenti politici: dai presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani, da Pier Luigi Bersani al capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, fino al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

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