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La Ue lo ammetta, non contiamo nulla: ignorati dagli Usa e schiacciati dalla Cina? Ecco cosa ci aspetta

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Carlo Nicolato
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L'Europa se l'è presa nell'Aukus e ancora non riesce a farsene una ragione. Il noto accordo tra Usa, Gran Bretagna e Australia che ha tagliato fuori l'Unione Europea, in particolare la Francia che era in trattativa con Canberra per svariati miliardi di commesse militari, deve aver dato uno scossone non da poco all'intorpidita e sonnolenta Europa che vivacchia da tempo ai margini delle cose che contano, prigioniera di una politica schematica e idealista che i singoli membri non esitano, alla bisogna, a bypassare. In un intervento sul blog Ue pubblicato domenica scorsa il capo della politica estera dell'Unione Josep Borrell ha lanciato l'allarme, forse il primo serio e con la giusta dose di preoccupazione uscito dalla proverbiale supponenza di palazzo Berlaymont, con il quale appunto si avvisa della pericolosa china in cui il continente unito sta scivolando. Per dirla con le sue esatte parole l'Unione Europea sta rischiando «di diventare sempre più un oggetto e non un attore negli affari internazionali, reagendo alle decisioni degli altri, piuttosto di guidare e plasmare noi stessi gli eventi». Un'evidenza palese già da qualche anno, messa in luce in particolare dalla politica dell'ex presidente Usa Donald Trump che per primo ha iniziato a svalutare la Nato e di conseguenza l'Europa spostando verso oriente l'asse degli interessi mondiali.

 

 

PIETANZA SUL MENÙ
Quando ancora Bruxelles non dubitava affatto della sua centralità e vantava il diritto divino di stare al tavolo delle trattative insieme a Usa e Cina, l'ex ministro delle Finanze di Berlusconi Giulio Tremonti commentava sostenendo che «al tavolo ci puoi stare come commensale o come pietanza scritta sul menù. Temo che se si va avanti così l'Europa finirà come pietanza e non come commensale». Era il 2019, Borrell e i suoi compagni di Commissione ci sono arrivati due anni dopo. I nodi che secondo il responsabile degli Esteri rischiano di cacciare l'Europa nella serie B del risiko dei continenti sono appunto la «reazione rafforzata all'ascesa e all'assertività della Cina, di cui il caso Aukus», ha sottolineato «è una buona illustrazione». Ma anche «una dinamica multipolare in cui attori come la Russia e altri stanno cercando di aumentare il loro margine di azione e sfera di influenza, a livello regionale o globale». Cina e Russia dunque, con i quali l'Europa applica il peggiore dei doppi standard, ergendosi come Unione Europea a fustigatrice morale per le violazioni dei diritti umani e dei principi democratici, strisciando come singoli Paesi membri al cospetto dei due colossi quando si tratta di accordi economici e commerciali. Accorgersi adesso che l'Europa rischia di diventare un «oggetto e non un attore» è perfino ridicolo se non fosse tragico. L'Europa probabilmente è già il carrello dei bolliti del tavolo a cui banchettano Washington e Pechino, e il caso Aukus non è solo «una buona illustrazione», ma anche una definitiva dimostrazione.

 

 

SENZA SICUREZZA
E quale sarebbe poi la ricetta di Borrell per evitare il passaggio tanto temuto? «L'Ue», dice, «dovrebbe evitare la consueta tendenza ad avere un dibattito astratto e francamente divisivo sull'opportunità di rafforzare le capacità di sicurezza dell'Europa o farlo nella Nato. Chiaramente» sottolinea, «si devono fare entrambe le cose». Ovvero costituire di fatto l'esercito dell'Unione, cosa di difficile attuazione di cui si discute inutilmente da lustri, e rafforzare la propria posizione nella Nato, magari investendo in essa le quote dovute e quasi mai onorate. A questo proposito il politico spagnolo sostiene che «... come ripetutamente affermato negli ultimi anni e dimostrato dai recenti sviluppi, tra cui il ritiro dell'Afghanistan e l'Aukus, i nostri amici americani si aspettano che noi europei ci assumiamo una quota maggiore di responsabilità - per la nostra sicurezza e quella del mondo». «Ne parlerò con Blinken», cioè il segretario di Stato Usa, aggiunge Borrell. Se non è già troppo tardi. 

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