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Case green, la folle utopia di voler ridefinire la libertà dell'uomo

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Roberta Adelaide Modugno
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 Il Parlamento europeo ha da poco adottato la cosiddetta direttiva sulle “case green”, con sostanziali modifiche rispetto al progetto originale, grazie all’infaticabile impegno di Confedilizia con il suo presidente Giorgio Spaziani Testa, che dal 2021 si batte contro gli eccessi dell’ecologismo. L’obiettivo del provvedimento è l’efficientamento energetico nel settore immobiliare entro il 2030 e l’ideale delle emissioni zero di CO2 per il 2050. “Ideale”, per l’appunto, nel senso che l’ambientalismo dell’Unione Europea fa pensare al sogno della realizzazione di un mondo perfetto, ad emissioni zero che non abbia alcun impatto sui mutamenti climatici, dando, per scontato, tra l’altro che questi ultimi siano di origine antropica. Dal sogno all’incubo, tuttavia, il passo è breve. L’utopia si trasforma in realtà dando luogo ad un mondo distopico nel quale tutto ciò che gli esseri umani hanno di più caro al mondo viene calpestato. Ad alcuni potrà sembrare una prospettiva davvero troppo tragica! In fondo a cosa ambisce l’Unione Europea? A limitare danni ambientali nel settore edilizio e immobiliare in generale, per una buona causa, in fondo. In realtà, però, tutta l’Europa è responsabile solamente del 7% di emissioni di CO2.

VIOLAZIONE DEL DIRITTO
Il cuore del problema della direttiva “case green” è che si tratta di una chiara violazione dei diritti di proprietà privata degli individui. Così come è stata approvata, se non modificata e recepita dai Paesi membri, obbligherebbe i proprietari di immobili a effettuare interventi estremamente costosi sulle loro case, pena vedere svalutarsi il proprio immobile e coloro che non avessero i mezzi per affrontare tali spese sarebbero infine costretti a svendere le loro abitazioni, con ogni probabilità a potenti società che le trasformerebbero in unità abitative da affittare. I proprietari, quindi non sarebbero più tali. Si creerebbero enormi sperequazioni tra i proprietari di case di nuova costruzione o ristrutturate e coloro i cui immobili non rientrassero nella categoria energetica indicata dall’Unione Europea.

 

 

A RISCHIO
Seguendo l’insegnamento di Friedrich von Hayek (1899-1992), premio Nobel per l’economia nel 1974, controllare e limitare il diritto di proprietà privata degli individui non può affatto essere considerata una cosa di poco conto. Di fatto si tratta di ledere l’intera libertà dell’essere umano. La proprietà privata, in questo caso di un immobile, è in realtà un mezzo per realizzare finalità soggettive della nostra vita, per realizzare i nostri valori. Limitare il nostro diritto di proprietà privata vuol dire limitare le nostre opportunità di vita, toglierci la libertà di scegliere i valori in cui credere, i “nostri” valori. L’Unione Europea si configura, quindi, come un grande pianificatore centralizzato che si suppone onnisciente, e che, non potendo tenere conto delle preferenze di vita dei singoli, deve irregimentare tutti, deve decidere ciò in cui dobbiamo credere. Controllando la nostra proprietà controllerà anche tutti i nostri fini, controllerà la nostra libertà. In definitiva la follia ecologista si traduce nella violazione di un diritto umano fondamentale, la proprietà privata, dal quale dipende la nostra libertà in quanto esseri umani che appartengono solo ed esclusivamente a loro stessi. Gli esseri umani hanno dei diritti, primo fra tutti quello di essere proprietari di se stessi. Volendo prendere sul serio tale diritto, la direttiva europea appare davvero stridente e inquietante.

IL GRANDE PIANIFICATORE
Infine, l’idea del grande pianificatore onnisciente che detta dall’alto norme valide per qualunque angolo d’Europa non ha alcun senso. Sempre seguendo la prospettiva hayekiana, sappiamo che la conoscenza non può essere tutta concentrata in un’unica figura o istituzione, ma che è dispersa tra miliardi di persone. Ci sono conoscenze di circostanze di tempo, di luogo, di spazio che possono essere note solo a livello di comunità locali, anche piccolissime, in un’ottica di estremo decentramento che dovrebbe valere anche per qualunque questione riguardi l’ambiente.

 

 

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