La fatica di essere ESG: un'impresa sostenibile? Non per tutti è una prerogativa
Essere un’azienda sostenibile, attenta all’ambiente, al benessere sociale dei dipendenti e con una dirigenza seria, stabile e responsabile dovrebbe essere da sempre una prerogativa di chi si occupa di impresa. Eppure non è così, o meglio, non lo è per tutti. Tanto che si è reso necessario definire quelli che oggi sono i criteri ESG (Environmental, Social, Governance) che vanno a classificare il rating di un’azienda e che la valutano secondo parametri non esclusivamente finanziari. Una serie di linee guida, più o meno definite, a livello europeo indicano alle aziende come fare per rispettare i parametri che sono ormai diventati fondamentali per l’accesso al credito, per lo screening dei fornitori e in taluni casi sono previsti dei fondi di vario genere per adeguarsi a questo nuovo e affascinante modello.
Il problema, però, è che il ragionamento fila quando ci si trova di fronte alle grandi multinazionali con una capacità di investimento ingente con la disponibilità interna di strutture e personale dedito alla configurazione del sistema ESG o la possibilità di reperire risorse e consulenti di alto livello, capaci di studiare nuove strategie e di rispondere alla Tassonomia Ue. Ma le piccole e medie imprese come si collocano in questo ambizioso e necessario processo? La verità è che fanno fatica. Ma poiché ESG è ormai un acronimo che tanto piace a tutti, nessuno ha il coraggio di alzare la mano e sollevare alcuna questione che possa anche solo lontanamente far pensare di porre quesiti e sollevare perplessità rispetto alla formulazione standardizzata dei parametri.
Il punto, però, è che tante piccole e medie imprese, soprattutto in Italia, da sempre hanno a cuore il territorio in cui stanno, da sempre gestiscono i dipendenti come ci si trovassero all’interno di una comunità e sostengono un management capace e serio, magari cresciuto proprio all’interno dell’azienda stessa e quindi capace di coglierne sfumature uniche. Insomma, tante imprese per tradizione rispondono ai criteri ESG ma non hanno adeguati strumenti per dimostrarlo e la necessità di rispondere ai parametri non fa che appesantire la competitività del Paese. Internamente è difficile che vi siano figure specializzate in questo specifico ambito, quindi bisogna assumere. Oppure l’alternativa è spostare risorse su un progetto che non porta a nulla in termini di ricavi ma si rende necessario per poter continuare l’attività, mantenere alta la reputation e non rischiare una flessione della credibilità all’interno del settore. Si tratta, insomma, di un lavoro in più che dovrebbe essere tenuto in considerazione.
Si pensi ad esempio alle diverse forme di associazionismo tra settore pubblico e privato nelle diverse aree territoriali ad alta specializzazione in settori produttivi differenziati; una ricchezza tipica del nostro Paese che contribuisce non solo in misura determinante alla formazione del PIL ma rappresenta il valore aggiunto del sistema Italia, una reale condizione di sostenibilità ed integrazione che si manifesta con la partecipazione e l’aiuto delle PMI ad iniziative di carattere economico sociale.
ESG diventa quindi uno strumento operativo di applicazione del modello di Localismo Strategico inteso come capacità delle comunità locali (in senso ampio come nazioni) di generare benessere basandosi sull’integrazione tra la globalizzazione e i fattori locali in un contesto sostenibile.
Nel Canavese Occidentale, ad esempio, è nata nel lontano 2007 ASCO (associazione per lo sviluppo del Canavese Occidentale) costituita da Enti Locali e imprese operanti nel settore hot forging con il preciso scopo non solo di elaborare strategie di sviluppo ma anche e soprattutto di far emergere il senso di appartenenza di una intera area geografica che è caratterizzata da alta professionalità e competenza delle maestranze e del management con evidenti ricadute in termini di sostenibilità dell’intero cluster. Non è questo un elemento del nuovo modello ESG che andrebbe valutato e formalizzato nelle analisi di sostenibilità sia delle imprese che del pubblico?
Guardiamo allora al nuovo modello ESG con interesse senza dimenticare però che occorre adeguarlo alle dimensioni delle aree territoriali e delle imprese con la consapevolezza che la burocrazia è uno dei più grandi nemici dell’impresa e che non sia mai che per guardare avanti si lasci indietro qualcuno. Perchè il benessere umano ha un valore che ha un senso non un prezzo.